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Egon. Il disagio esistenziale in danza, da Klimt a Schiele.

Critica Spettacoli
Luogo
Teatro Cantiere Florida
Via Pisana, 111R
Firenze (FI)
Quando
Dal 27/10/2017 al 28/10/2017
Compagnia
Versiliadanza
Genere
Moderno/Contemporaneo
Gabriella Gori



Il disagio esistenziale in danza, da Klimt a Schiele

di Gabriella Gori



Egon: uno spettacolo visionario, colto, raffinato, materico, in cui danza, musica, poesia e visual arts interagiscono ispirandosi ai dipinti e alla poetica di Gustav Klimt ed Egon Schiele. Due pittori diversi, eppure complementari, protagonisti della "Grande Vienna" di primo Novecento.

Presentata con successo in prima nazionale al Teatro Cantiere Florida di Firenze da Versiliadanza, la mise en oeuvre si avvale della coreografia di Leonardo Diana, della scenografia virtuale della "Proforma Videodesing" di Nicola Buttari e Martino Chiti, della musica di Andrea e Luca Serrapiglio, delle luci di Gabriele Termine e della scenografia di Eva Sgro'. Un palinsesto creativo animato dallo stesso Leonardo Diana, da Barbara Carulli, Valentina Sechi e Naomi Segazzi, che si rivelano interpreti dotati di una forte e versatile tecnica contemporanea capace di rendere i corpi 'loquaci' a dispetto dell'afasia della danza. Afasia attenuata dalle letture di testi di Klimt e Schiele a cura di lettrici della BiblioteCaNova dell'Isolotto, che intrattengono il pubblico prima dell'entrata in sala.

Egon nasce, drammaturgicamente parlando, dalla riflessione sulla pittura di Klimt e Schiele. Il primo, tra i fondatori della Wiener Sezession, la Secessione viennese nata per svincolare le arti dal peso dell'accademismo espressivo e accogliere arti plastiche, desing, architettura, e rappresentato dalle tre danzatrici; il secondo, pupillo di Klimt, esponente del movimento Espressionista all'interno della Secessione viennese e incarnato dal danzatore-coreografo. Due visioni del mondo interagenti, riflesso e specchio di modi differenti di intendere la realtà per comunicare l'identico disagio esistenziale, svelato in quegli anni dalla dottrina di Freud, e colto in entrambi i pittori nella raffigurazione del corpo.
Un corpo maschile distonico, contratto, dissociato, ripiegato su se stesso in Schiele - ossessionato dai suoi autoritratti - e corpi femminili ambigui, seducenti, armoniosi ma preda della dissociazione 'schieliana' in Klimt.

In Egon, non a caso sottotitolato Introspettiva da Klimt a Schiele, il corpo è il fulcro da cui si dipana un gioco parossistico e ossessivo di attrazione e repulsione tra l'elemento maschile e femminile e la danza, la musica e la visual arts diventano strumenti atti a restituire il pensiero e il significato della pittura di Gustav ed Egon.

Forte è l'inizio con la lenta apparizione di Leonardo Diana - l'uomo di Schiele - che a torso nudo, strisciando e contorcendosi, attraversa la scena per introdurre le donne di Klimt che si presentano prima con un potente assolo e poi al completo indossando una setosa mise notturna, che copre e scopre i seni in un singulto di femminilità violata e al tempo stesso esaltata.

Un trio in cui la danza si sostanzia della prorompente fisicità e gestualità della protagoniste nell'ininterrotto 'dialogo', sempre corporeo e materico, con Leonardo, a sua volta protagonista di soli, duetti, quartetti che drammaturgicamente restituiscono la coreografia accompagnata dalla musica e da disegni geometrici. Linee orizzontali e verticali delimitano lo spazio disegnando una sorta di prigione della mente; fasci di luce in diagonale inglobano e attraversano il corpo che diventa parte essenziale dell'effetto scenico.

Effetto scenico sottolineato dalla proiezione di figure in movimento che si ingigantiscono e si sgranano grazie ad una scenografia in cui il materiale video, ispirato ai quadri di Klimt e Schiele, comprende proiezioni di "motion graphic" per arrivare alla "generative art". Una tecnica di animazione digitale che interagisce con i movimenti dei ballerini e con gli imput sonori come nel momento in cui sul corpo della ballerina si stagliano le celeberrime immagini dei quadri di Klimt o appaiono la testa 'scapigliata' e le mani contorte di Schiele.
Klimt e Schiele, pittori differenti eppure facce di quella stessa medaglia che si ricompone con un simbolico abbraccio alla fine di Egon. Uno spettacolo breve ma intenso, lucido ma poetico, senza dubbio da vedere. 



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