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La nascente compagnia Balletto di Parma diretta da Lucia Giuffrida e Francesco Frola.

> Le creazioni di due coreografi :Francesco Gammino e Nnamdi Christopher Nwagwau

Critica Spettacoli
Quando
20/06/2021
Genere
Moderno/Contemporaneo
Monica Ratti



 

IL 20 giugno, al Bernstein Open Air Theatre, nell’ambito del BSMT Summer Music Festival, va in scena la nascente compagnia Balletto di Parma diretta da Lucia Giuffrida e Francesco Frola.

Al grido di “Vi prego, una nuova compagnia di danza anche no ! “mi reco a Bologna per la stima che mi lega a Lucia Giuffrida e a Francesco Frola.

Il programma prevede il lavoro di due coreografi Nnamdi Christopher Nwagwau, 18 anni appena compiuti, allievo della Scuola Professione Danza Parma diretta da Lucia Giuffrida e Francesco Frola, che ho potuto apprezzare in numerose occasioni quale straordinario danzatore e interprete e Francesco Gammino, uno tra i maestri di danza contemporanea più seguiti e amati di questi ultimi anni.

Nnamdi Nwagwau, già da allievo si distingueva per la forte personalità e per una gestualità che lasciava intendere un’attitudine alla sperimentazione di un linguaggio personale. Nwagwau ha prodotto, tra il 2020 e 2021, una serie di video, che lo vedono protagonista, decisamente interessanti e con una propensione a trattare temi fortemente sociali.

La sfida e l’occasione che gli viene offerta non è più quella di lavorare su se stesso, ma di coreografare una compagnia di 10 giovani danzatori, con i quali danza anche lui.

Ispirandosi alla teoria del sociologo Charles Horton Cooley, “la società e l’individuo si presentano non come fenomeni separabili ma come aspetti diversi della stessa cosa, perché un individuo separato è un’astrazione ignota all’esperienza e lo stesso dicasi quando la società viene considerata come qualcosa distinto dagli individui”, in ‘What they see is not what we see’ il lavoro coreografico di Nwagwau si focalizza sull’intimità dei soggetti in scena,  sulla scoperta di loro stessi in relazione al gruppo (inteso come società) e su quanto possa essere d’aiuto o meno la scoperta di se stessi per “adeguarsi alla società”, quell’Io riflesso il cui concetto, sviluppato appunto da Charles Horton,  porta  gli esseri umani a creare un’immagine di sé che riflette come gli altri li vedono.

L’incipit a cui il giovane coreografo si è ispirato è forse un po' pretenzioso. Il lavoro parte con un impatto fresco e dinamico, adeguato alle personalità dei danzatori, per poi aggrovigliarsi  coreograficamente e recuperare nella fase finale.

Nwagwau ha avuto la grande opportunità di avere quali frecce al suo arco 9 giovani talentuosi danzatori, una casa dove lavorare ed essere accompagnato e sostenuto nel suo processo creativo.

Un lavoro impegnato, difficile, che ha messo in luce le potenzialità di questo coreografo che ha già elaborato un proprio linguaggio, unico, riconoscibile e riconducibile solo a lui.

Il pubblico ha accolto con favore il lavoro, che sicuramente necessita di un ulteriore messa a punto, ma è ben costruito e calzante sui danzatori.

La seconda parte della serata ha visto in scena ‘Carne Viva’ del coreografo Francesco Gammino.

La Sicilia, sua terra natia, è un legame forte, indissolubile, ed è questa la pulsione che conduce Gammino nel lavoro, un fil rouge dato da un tema tanto antico quanto attuale: il retaggio della figura femminile. “In una società patriarcale e maschilista, in cui le donne sono ancora viste come carne e madri, l’arrivo di una “forestiera” porta scompiglio e detta un nuovo equilibrio, ribadendo quanto vive e forti, in realtà, le donne siano”.

Gammino è un coreografo poliedrico, i suoi lavori spaziano per scelte musicali, le più disparate, e atmosfere ora intense e poetiche, ora swing e leggere, ammiccanti, o ancora impegnate e cupe. Questo fa di lui un’artista coinvolgente, appassionato e soprattutto mai noioso. Il titolo ‘Carne Viva’ rende perfettamente l’atmosfera di carnalità, spregiudicatezza stilistica, passionalità che trasuda dalla coreografia che scorre con fluidità, ma travolge e avvolge nel suo racconto semplice ma estremamente toccante soprattutto per una donna, che come me, può sentirsi incarnare nella protagonista.

L’abbinamento di una mano esperta accanto a un giovane di talento, fa del Balletto di Parma una compagnia laboratorio estremamente interessante. La compagnia nasce, secondo il desiderio dei suoi fondatori Lucia Giuffrida e Francesco Frola, con il preciso intento di essere tramite per trasformare gli studenti in giovani danzatori e prepararli ad affrontare la carriera professionale nelle più prestigiose compagnie del mondo oltre a dare a giovani coreografi l’opportunità di creare.

La particolarità che rende il Balletto di Parma una compagnia unica nel suo genere è proprio la possibilità di far sperimentare ai giovanissimi, quali Nnamdi, la propria potenzialità creativa in totale libertà.

Questo mi riporta alla mente il racconto di Valentino Zucchetti, per un’intervista rilasciataci nel 2017 a Londra, quando ci raccontava come lui, alla scuola del Royal Ballet, potesse sperimentarsi con brevi coreografie già a 16 anni. E proprio Zucchetti, lo scorso 26 giugno, ha debuttato in prima mondiale alla Royal Opera House con Anemoi. In cento anni di storia, per la prima volta, il Royal Ballet si affida a un coreografo italiano.

Chissà che tra i giovani coreografi che lavoreranno per il Balletto di Parma non si individui il Valentino Zucchetti di domani e per questo, ho dovuto ricredermi, il mio grido di partenza si è trasformato in un “Complimenti per questa nuova realtà e, soprattutto, per le finalità e le opportunità, non tanto quelle offerte ai  giovani danzatori quanto piuttosto quelle dedicate ai giovani coreografi “.




                                      

Monica Ratti 

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