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Beppe Menegatti ricorda Carla Fracci, tra scena e vita privata

L'intervista
Quando
06/04/2023
Genere
L'intervista
Sono le ore 16:00 del 17 Gennaio 2023, quasi l'ora del tè e stiamo per incontrare a Roma, nella casa dove si è trasferito di recente, uno tra i registi teatrali italiani più brillanti e geniali, nonché marito e  pigmalione della divina Carla Fracci, la più grande ballerina di tutti i tempi.
DanzaSì vi porta nella nuova dimora del maestro Beppe Menegatti, per raccontarvi frammenti di storia, curiosità e aneddoti inediti legati alla vita professionale e privata di una tra le coppie più famose al mondo.

Sono trascorsi quasi due anni dalla scomparsa di Carla, era il 27 maggio 2021. Che cosa le manca di più di sua moglie?
Carla mi manca da morire in tutto e per tutto. Ogni istante che passa sembra un'eternità senza di lei. Spesso mi capita di chiamarla, come se fosse ancora qui. Avrei bisogno di lei come supporto fisico e psicologico. Attualmente ho un badante (Paolo) che si occupa di me e diverse persone che vengono a trovarmi, ma senza la mia Carla non è più la stessa cosa. Manca come l'aria, perché devi sapere che lei era sempre presente e quando stava a casa si dimenticava completamente di essere Carla Fracci ballerina e si trasformava in un'ottima casalinga.

Ci racconti come e quando è avvenuto il vostro primo incontro. È stato amore a prima vista?
A dire il vero non è stato amore a prima vista. L'ho incontrata per la prima volta quando ero l'assistente dell'immenso Luchino Visconti.
Andò esattamente così: Visconti era stato chiamato a lavorare per la prima volta al Teatro alla Scala per curare la regia di un balletto che si intitolava Mario e il Mago tratto dal racconto di Thomas Manne, sulla musica di Franco Mannino e le coreografie di Léonide Massine; Franco Zeffirelli, che era molto legato a Visconti in quel momento, gli disse che a Firenze c'era un giovane molto esperto di balletto e quel giovane ero proprio io; fu così che fui scelto come suo assistente.
Il nostro primo appuntamento fu fissato a Roma un lunedì alle 11 di mattina presso la libreria Cortina; io ero puntualissimo e fu un errore perché Visconti era già lì ad aspettarmi, sarei dovuto arrivare in anticipo a un incontro così importante. Si fece trovare dinanzi la cassa e senza troppi giri di parole mi chiese conferma su quanto gli aveva raccontato il suo amico Zeffirelli in merito alle mie competenze e mi propose di andare a Milano già il mercoledì successivo. Due giorni dopo, dunque, partii con una piccola valigia e arrivai al Teatro alla Scala. Ricordo che entrai nella grande sala Trieste insieme all'ispettrice del teatro, a seguire Luchino Visconti e la costumista e scenografa Lila De Nobili. Quest'ultima a un certo punto voltandosi esclamò: “non può essere la protagonista questa ragazzina qui!”. Quella ragazzina era una giovanissima Carla Fracci che in quel preciso istante stava seduta per terra intenta a ricucire una calzamaglia rossa. Alla fine però quella talentuosa ragazzina, che la
De Nobili inspiegabilmente rifiutò, fu scelta come sostituta della protagonista nel ruolo di Silvestra, la grande Luciana Novaro, all'epoca prima ballerina della compagnia scaligera. Il balletto fu rappresentato per la prima volta il 25 febbraio 1956. Il nostro fu dunque un incontro casuale, ma in realtà nulla accade per caso.

Cosa l'ha fatta innamorare di Carla come danzatrice, ma soprattutto di Carla come donna?
Quello che mi ha sicuramente fatto innamorare per prima cosa di Carla è stata la sua profonda dedizione nei confronti del lavoro. Ha sempre lavorato duramente senza mai lamentarsi, senza mai farlo pesare agli altri. Per non parlare della sua estrema generosità sia come donna che come artista.

Qual è stato il vero motivo che l'ha spinta a lasciare Milano e trasferirsi nella capitale?
Mi sono trasferito a Roma di recente, da circa sei mesi. È stata una scelta voluta soprattutto da mio figlio Francesco per stare più vicino a lui. Fino a poco tempo fa aveva una cattedra presso un'università milanese, ora è docente universitario nella facoltà di architettura a Roma. Non è stato affatto facile lasciare Milano, ma soprattutto lasciare per sempre la casa di proprietà dove ho vissuto per tanti  anni con Carla. Abbiamo portato qui parte dell'arredamento e tutti gli oggetti appartenuti a lei.
Ogni quadro, statuina, ritratto, soprammobile, ogni singolo oggetto presente in questa casa, è come se in qualche modo la tenesse sempre viva.
Lei è presente in ogni angolo della casa. Per esempio quella bella collana rossa che indossa nel ritratto della De Nobili, gliel'avevo regalata io, era una delle sue preferite.

Le è mai capitato di tradire Carla?
Posso assicurarti che da quando fu presa la decisione di fare pulitamente coppia, nonostante non siano mancate le occasioni, non ho mai tradito Carla.

In 57 anni di matrimonio, quali sono i momenti condivisi con Carla che ricorda con maggiore commozione?
Il momento più commovente in assoluto condiviso con Carla è stata la decisione di mantenere la possibilità di avere un figlio. Ricordo che all'epoca alcuni parenti erano contrari alla sua gravidanza tanto che le proposero di abortire. Una donna in particolare, una sera, insistette talmente tanto che fui costretto a buttarla fuori di casa. A quei tempi le danzatrici venivano identificate dalla società come "vestali". Il nostro desiderio era quello di diventare genitori e non avremmo permesso a nessuno di impedire questa gravidanza. Ricordo inoltre che c'era una donna, Paola Borboni, che fece di tutto per ostacolare il nostro matrimonio. Secondo lei sposarci sarebbe stato un grave errore, avrebbe logorato i nostri sentimenti. Anche in questo caso andammo avanti per la nostra strada e ci sposammo nella Chiesa parrocchiale di Volongo il 7 ottobre 1964.

Come trascorre oggi le sue giornate e quali sono i suoi progetti futuri?
Sono in continuo contatto con il mio lavoro. Ad esempio in questo momento sto lavorando a un nuovo progetto ispirato a Maria.
Probabilmente lo intitolerò "Dormitio Mariae". A interpretare questo ruolo dovrà essere una donna con un grande senso del movimento e una profonda sensibilità. Una Maria sessantenne in attesa di essere chiamata in cielo. Un balletto breve e intenso, capace di trasmettere il più autentico significato dell'attesa. Insieme a Maria ho pensato di inserire i quattro fratelli di Cristo (Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda) e un anziano Giuseppe, falegname e costruttore di bare.

Nonostante tutto, è riuscito a non perdere il suo entusiasmo. Qual è il segreto per riuscire ad andare avanti dopo una perdita così importante?
Tentare di mantenere continuamente vivo all'interno di se stessi un contatto con la religione e con i ricordi.

Nessuna riuscirà mai a sostituire o superare l'artisticità di Carla Fracci nel mondo della danza. Ad oggi esiste una danzatrice che Le
ricorda in qualche modo sua moglie sulla scena?
Che mi ricorda mia moglie sinceramente no, ma sono in grado di capire chi delle danzatrici di oggi ha guardato molti video che la riguardano. Ad esempio in Nicoletta Manni, che ho visto danzare recentemente alla Scala, ho notato una sorta di legame con mia moglie, è evidente che l'abbia studiata attentamente. Un'altra che mi viene in mente è Marianela Núñez; quando ci siamo incontrati mi ha fatto molte domande su di lei. Le donne più intelligenti mi chiedono consiglio su un balletto poco rappresentato ma che era certamente l'interpretazione migliore di Carla: La Sylphide.

Ci racconti le esperienze e gli incontri più significativi della sua vita professionale e privata.
Tra gli incontri più significativi della mia vita professionale non posso non ricordare quelli legati al periodo della mia giovinezza trascorsa a Firenze, quando la città era una vera e propria fucina di artisti, intellettuali, uomini di grande cultura, geni assoluti. Ricordo ancora le serate trascorse con Paolo Poli, Ferruccio Soleri, Alfredo Bianchini. Vivere a Firenze negli anni 30 con determinati personaggi ha sicuramente influenzato la mia visione del mondo. Ho sempre avuto una grande sete di conoscenza. Sono stato sempre particolarmente attratto dal teatro e da quello che accadeva dietro le quinte o prima della messa in scena di uno spettacolo. A tal proposito ricordo che quando ero ancora un ragazzino e lavoravo come commesso al negozio di maioliche di mio zio non vedevo l'ora di scappar via per entrare in teatro e osservare di nascosto le compagnie di balletto straniere che di tanto in tanto venivano in città. Una sera dopo essermi intrufolato in platea due ore prima dell'inizio dello spettacolo vidi una donna che si riscaldava alla sbarra; mi chiese con un accento spagnolo se fossi italiano; io risposi di sì, una parola tira l'altra, cominciammo a chiacchierare e fu così che nacque la mia grande amicizia con la mitica Alicia Alonso. Questo è uno dei tanti esempi dei molteplici incontri che sono stati fondamentali per la mia formazione culturale e per ciò che sarebbe avvenuto in seguito.

Senza Carla Fracci avrebbe avuto lo stesso successo? E viceversa, Carla sarebbe diventata così famosa senza il suo aiuto?
La bravura della gente non si insegna. O meglio con il talento si nasce. Ricordo che Galina Ulanova definì Carla pubblicamente "monumento italiano vivente della danza". Con le sue qualità credo che avrebbe raggiunto lo stesso successo. Anche se in effetti ci siamo compensati a vicenda e la nostra unione ha destato una grande curiosità interiore. Io probabilmente senza lei avrei fatto delle scelte diverse. Ma non ne sono sicuro, contando che appena ventenne misi in scena ben cinque testi di Federico García Lorca, tre testi immortali di Samuel Barclay Beckett e altri di Isaak Emmanuilovic Babel'; tutte scelte che Carla ammirava con grande curiosità ma senza mai intervenire direttamente. Tra i miei spettacoli a cui ha partecipato Carla riscuotendo grandissimo successo Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare con un cast d'eccezione, tra cui un giovane debuttante Giancarlo Giannini; ricordo che quella sera all'Anfiteatro Romano di Fiesole fu un vero trionfo.

Quanto è importante conoscere la storia di un balletto per potersi calare perfettamente nella parte?
È fondamentale. Ad esempio se nel 1800 non ci fossero stati personaggi di grande cultura come Théophile Gautier, non sarebbe esistita neppure la proposta di creare dei balletti.
La danza è cultura, il balletto racconta una storia. Io personalmente ho sempre dedicato molte ore alle trame durante l'allestimento di uno spettacolo. Bisogna conoscere il significato di ogni passo, gesto, sguardo e movimento. Un buon maestro deve necessariamente conoscere ed essere in grado di insegnare non solo la tecnica, ma anche tutto ciò che va oltre, tutto ciò che trasforma l'esecuzione di un passo in pura arte. Solo così un danzatore sarà in grado di calarsi perfettamente nella parte.

Quali sono le peculiarità che rendono un danzatore un vero fuoriclasse?
Ci vuole una segretezza di cultura morale che viene fuori spontaneamente. Ricordo che per un periodo Rudolf Nureyev fu ospite a casa nostra a Firenze; una notte rimasi a lungo a parlare con lui e mi raccontò che il suo pensiero più ricorrente era quello di sua mamma in cima a una scala dove ogni gradino era fatto di fette di pane. La sua profonda sensibilità lo ha reso sulla scena un artista straordinario; lui è stato un vero fuoriclasse. Per brillare nella danza è importante esprimersi con il corpo e con l'anima. La tecnica non basta se vuoi arrivare al cuore della gente.

Ci sveli alcuni tra i danzatori e coreografi italiani del momento che preferisce e perché.
Tra i danzatori Giuseppe Picone, che a mio avviso ha bisogno di buttarsi a capofitto per esprimere fino in fondo il suo vero potenziale. Tra i coreografi Fredy Franzutti, il quale tenta ogni volta di superare se stesso attraverso la sua cultura e creatività; quello che non sa lo inventa trasformandolo in verità, per questo meriterebbe un maggiore successo.

Quali sono le persone a cui si sente maggiormente legato in questo momento?
Apprezzo tutti quelli che mi rivolgono un pensiero con una telefonata facendomi tanta compagnia. Le persone vicine in senso fisico sono meno di quanto si pensa. Alcuni sono presenti nel momento opportuno per risolvere dei problemi (miei o loro), ma non perché desiderano realmente condividere del tempo con me.

Ad oggi com'è il suo rapporto con suo figlio Francesco?
Francesco è un uomo che ha compiuto da poco cinquant'anni. Con lui c'è sempre stato un legame fortissimo. È sempre presente e disponibile in qualsiasi situazione. Ora è felicissimo che io sia qui a Roma. Viene spesso a trovarmi; ad esempio ieri sera dopo una giornata super impegnativa con il suo lavoro è arrivato qui con un dono straordinario, un recipiente pieno di brodo di pollo che io adoro.

C'è un oggetto o un indumento appartenente a Carla a cui si sente maggiormente affezionato?
L'oggetto a cui mi sento particolarmente legato è quel quadro che vede lassù. È stato realizzato da Lila De Nobili in occasione di una serata di gala organizzata in onore di Carla nel 1991 al Teatro alla Scala dall'allora Sovrintendente uscente Carlo Maria Badini. Arrivarono da tutto il mondo per renderle omaggio, fu una serata indimenticabile. Nell'armadio conservo ancora tutti i suoi abiti bianchi.

Perché bianchi?!
Durante la gravidanza decise di indossare solo abiti bianchi per manifestare il desiderio di quella dolce attesa e per togliersi di mezzo tutti gli orpelli che volevano trasformare la notizia in un caso internazionale. Anche dopo la nascita di nostro figlio, Carla decise di continuare a vestirsi sempre di bianco.

Ci ricorda l'ultimo istante di vita di Carla, prima di andarsene per sempre?
Eravamo tre persone nella nostra camera da letto. Carla è morta tra le braccia di nostro figlio Francesco con una tenerezza indescrivibile e con un grande desiderio di continuare a vivere. Ci fu una specie di sussulto finale che ricorderò per sempre. Se n'è andata da viva sentendosi protetta in un incredibile abbraccio finale, senza il quale non era logico morire.

Quali erano le passioni di Carla lontano dalla scena? Come amavate trascorrere insieme il vostro tempo libero?
Non ci crederai mai, Monica, ma la maggior parte del nostro tempo libero lo trascorrevamo a pensare a dei menù che non potessero alterare il suo fisico. A Carla piaceva molto cucinare. Tra i suoi piatti forti senza dubbio il brodo di carne di manzo e il risotto alla milanese preparato come vuole la tradizione. Il suo segreto per restare in forma era quello di mangiare poco e di tutto.

Quando rincontrerà Carla nell'aldilà (speriamo il più tardi possibile) quale sarà la prima cosa che le vorrà dire?
Le dirò che il mio bene nei suoi confronti è rimasto immutato... ma per prima cosa le chiederò: "come stai, Carla?!"

Carla se n'è andata in punta di piedi, lasciando un vuoto incolmabile e un silenzio assordante nel mondo della danza e non solo, ma il suo ricordo resterà indelebile nel cuore di noi tutti. Un ultimo messaggio rivolto ai lettori di DanzaSì che amavano Carla, la quale si è sempre battuta affinché la danza non morisse mai.
Sono sicuro che se Carla avesse avuto una vita operosa in questo preciso momento storico, la danza avrebbe molti meno problemi.
Carla ha dedicato tutta la vita a quest'arte meravigliosa che ha amato con tutta se stessa fino all'ultimo respiro. In questo momento la danza ha bisogno di essere sostenuta da tutti, dalle vecchie e dalle nuove generazioni. È importante guardare al passato senza dimenticare la storia, ma vivere il presente per garantire un futuro più solido. E come diceva Carla: la danza è una tradizione, non può morire!
Monica Lubinu