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Danza:la politica del MIC - Mvula Sungani risponde

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23/11/2023
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Con Decreto Ministeriale del 23 maggio 2023 il Ministro Gennaro Sangiuliano nomina il Maestro Mvula Alessandro Sungani cosigliere per la danza.
A decorrere dalla data del decreto, il Maestro Mvula Sungani è chiamato a collaborare con il Ministro in ai sensi dell’articolo 5, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 dicembre 2019, n. 169.

Nell’ambito di tale incarico, il Maestro Sungani collabora, altresì, con gli Uffici di diretta collaborazione del Ministro, con il Segretariato generale e la Direzione generale Spettacolo, con riferimento, in particolare, alle materie attinenti le attività di danza classica e contemporanea e la tradizione dei corpi di ballo.

L’incarico è a titolo gratuito e non dà titolo a compensi.

Incontro Mvula Sungani nella sala di rappresentanza del Ministro di via del Collegio Romano, sede del Ministero della Cultura.

Conosco Mvula da circa 30 anni, con lui ho condiviso progetti, lavori, tournée in Italia e all’estero. Coreografo, regista, autore televisivo, parte del suo percorso ha permeato anche la mia vita professionale

Da sempre impegnato e schierato politicamente, non ha mai rinunciato ad esprimere le proprie opinioni e posizioni. La sua schiettezza spesso gli è costata molto in termini di antipatie, accertamenti di vario genere, dai quali è sempre uscito vincente.

Sungani ha una naturale vena ironica ed è un attento osservatore. Da sempre studia tutte le tematiche inerenti allo spettacolo dal vivo. Ha un’ottima conoscenza delle leggi, dei decreti e di tutto ciò che muove le dinamiche del settore danza. Visto il suo curriculum di artista e di operatore culturale e la sua capacità di tessere relazioni con tutto il mondo tersicoreo, il Ministro Sangiuliano con DM del 23 maggio 2023 lo nomina suo consigliere per la danza.

Mvula, come si pone l’attuale amministrazione rispetto al passato?

Voglio fare una premessa, questo governo, il Ministro Sangiuliano, il Sottosegretario Mazzi con cui ho l’onore di collaborare, credono molto nella danza, la trovano una forma artistica ed espressiva completa ed altamente educativa, ma si rendono conto che per comprenderla a fondo, deve essere conosciuta e studiata nella sua più complessa articolazione. In passato l’indifferenza nei confronti del settore, con il depauperamento e la chiusura dei corpi di ballo, la cancellazione dai finanziamenti pubblici di prestigiose imprese tersicoree, la scarsa attenzione nei confronti delle scuole di danza, ha dimostrato, in controtendenza con la politica che veniva attuata e perpetrata fino ad un anno fa, che la danza è resiliente ed è viva più che mai nella nostra cultura. C’è la volontà invece da parte del Ministero, di concerto con le categorie, di riaprire nell’arco della legislatura, con i giusti studi ed approfondimenti, due corpi di ballo, di regolamentare l’insegnamento nelle scuole di danza private, di riorganizzare ed investire nel sistema professionale tersicoreo e reperire, anche mediante l’ottimizzazione e la collaborazione con altri dicasteri e gli enti locali, le risorse necessarie per sostenere l’intero comparto. Dall’ insediamento di questo nuovo assetto istituzionale, i finanziamenti del Fondo Nazionale hanno visto crescere economicamente tutti i beneficiari, per la prima volta è stato nominato un Consigliere per la Danza, il Presidente del Consiglio Superiore dello Spettacolo è un illustre esponente del mondo del balletto e presso la Sala Spadolini del MIC sono stati ospitati diversi momenti di approfondimento sui temi della formazione, della distribuzione e della produzione della danza. Insomma, la novità a mio avviso è che ci sono tutti i presupposti per un dialogo chiaro e proficuo tra il Ministero ed il mondo della danza.

Quale l’idea di riforma del settore cultura da parte del Ministero?

“Il primo passaggio a cui stiamo lavorando è quello di dotare il sistema di una normativa moderna, europea, che possa rappresentare tutte le numerose sfaccettature del mondo dello spettacolo dal vivo, e, per entrare nel merito del mio settore, la normativa dovrebbe includere e rappresentare tutte le forme artistiche della danza”.

Cosa intendi per tutte le forme artistiche della danza?

“Partire dalla danza classica, contemporanea, moderna fino all’urban, per arrivare alla danza di ricerca. Ritengo che ci sia stata una sovraesposizione da parte degli operatori e delle istituzioni italiane verso la danza di ricerca. A mio avviso dovremmo invece promuovere tutti i linguaggi affinché si possano raggiungere tutti i tipi di sensibilità e di pubblico. La danza è una forma espressiva unica”

In quanto tempo prevedete che questa riforma possa essere presentata?

“Il Governo ha rinnovato la delega sino al 2024, ma già in questo periodo si sta lavorando molto a livello istituzionale. Sono stati avviati recentemente dei tavoli conoscitivi. Il sottosegretario Mazzi ha già convocato ed ascoltato ogni soggetto giuridico o persona fisica che abbia presentato una proposta per la riforma del settore.  C’è la volontà di emanare il codice dello spettacolo entro il 2024”.

Grandi trasformazioni nell’aria?

“Si, ma in senso positivo. Ho notato che molti operatori finanziati con risorse pubbliche partono dal concetto che lo Stato debba garantire crescita economica e copertura costante. Questo sistema di finanziamento esponenziale, nel lungo termine non mi sembra sostenibile.  Penso che si debba strutturare un sistema spettacolo e danza nazionale, capace di poter essere più equo e meritocratico, studiando oggi il percorso imprenditoriale della periferia dei vari settori, soprattutto di quei soggetti privati, che negli ultimi anni hanno vissuto sulle proprie spalle e senza sostegno pubblico, una pandemia, due guerre, la crisi economica, il caro bollette ed oggi sono ancora li che operano nel mercato svolgendo un servizio di qualità per collettività. Questo per me dovrebbe essere un principio da approfondire ad esempio per individuare un modello di premialità”.

Mi pare che il vostro indirizzo sia quello di una politica, che tenga soprattutto in considerazione i giovani

 “Si certo i giovani e le nuove generazioni di artisti."
Ti do un’anticipazione sul mondo giovanile. C’è una diatriba che da 40 anni sostiene che la danza non è uno sport, riflettendo penso che la ragione giuridica di un’associazione non possa determinare chi svolge un buon lavoro e chi no. Tornando ai giovani, gli insegnanti delle scuole di danza sicuramente, come nel resto dei paesi europei, necessitano di un’abilitazione all’insegnamento riconosciuta anche a livello UE.  Da alcuni mesi ci stiamo confrontando con le maggiori associazioni di categoria, sia culturali che sportive, in rappresentanza delle scuole di danza. Il nostro obiettivo è l’elaborazione di un documento condiviso da inserire nel nuovo DL, che regolamenti il sistema per il rilascio del famoso e tanto richiesto titolo”.

Ma tutto quel mondo che a tuo parere sino ad oggi è stato maggiormente sostenuto, come verrà inquadrato?

“A mio avviso c’è stato un errore di interpretazione. Ho fatto le mie considerazioni dopo aver partecipato all’ultima NID, quella che si è svolta a Cagliari lo scorso agosto. Da quel momento sono entrato in contatto con molte realtà che fanno scouting e lavorano con i giovani e proprio nel vedere i lavori, ho tratto le mie conclusioni.

Un conto è la performance che richiede determinati spazi e strategie; un conto è l’impresa di spettacolo che dovrebbe avere come regola principale il lavoro degli artisti e opere per avere un mercato. Il mondo della ricerca va certamente protetto, ma per tutelarlo deve essere collocato in contesti adeguati. Portare alcuni lavori estremi in teatri o spazi che per sostenersi e dimostrare la loro attività devono sbigliettare, potrebbe essere rischioso e potrebbe allontanare il pubblico, che non comprendendo, diventerebbe diffidente in merito alle proposte di danza future. Alla NID sono stato attaccato, non come Mvula Sungani, ma come istituzione, per decisioni prese dalle commissioni in carica ed attività programmate dai precedenti governi, sulle quali questo nuovo assetto ministeriale non ha ancora messo bocca e mano, questi sono preconcetti su scenari sui quali il Ministero non si è ancora espresso, soprattutto perché le nuove commissioni saranno operative da gennaio 2024.

Al termine della piattaforma, per capire meglio, mi sono permesso di parlare con i referenti del Ministero degli Esteri, degli Istituti di Cultura, degli operatori e con gli organizzatori. Ho puntualizzato dicendo: abbiamo speso ingenti risorse pubbliche tra Ministero e Regione, voi che siete l’RTO dei circuiti, ci farete sapere quali di queste produzioni programmerete nelle vostre stagioni teatrali future? Al momento, non ho ancora avuto risposte esaustive. A questo punto penso che noi, con l’unica iniziativa internazionale organizzata in Italia e promossa da più istituzioni, stiamo depotenziando il mercato italiano per promuovere solo lavori di nicchia richiesti da specifici mercati esteri settoriali. A mio avviso dovremmo promuovere con decisione tutta la nostra produzione tersicorea, sia in Italia che all’estero, perché dovrà tornare ad essere il nostro asset culturale strategico.

A questo proposito l’ADEP Agis è stata invitata a ripensare l’organizzazione della NID. Proprio ora stanno lavorando per modificare alcuni aspetti e ad onore del vero, c’è sinergia e una buona collaborazione da parte di tutti “.



Al Ministero per molto tempo ci sono state figure, che hanno ricoperto ruoli di Direzione Artistica

“Ne sono assolutamente cosciente. Anche questa è una situazione che non vogliamo si ripeta. Infatti, nessuno vuole essere punitivo nei confronti di alcun operatore che da anni lavora seriamente, non c’è assolutamente intenzione di penalizzare nessuno, il Ministero deve svolgere un altro ruolo. Mentre altri governi l’hanno fatto, cancellando con un colpo di penna e mettendo in ginocchio imprese storiche ed i loro lavoratori che avevano portato avanti progetti già in itinere e quasi conclusi.  Ripeto non deve e non può essere supportato un solo genere di danza, ma la danza italiana in tutte le sue forme espressive.

Ad esempio, se abbiamo una commissione danza che decide a chi assegnare contributi, per quale motivo deve esserci un comitato internazionale che seleziona chi può accedere alla piattaforma della danza italiana, mostrandone fondamentalmente un solo aspetto e condizionando così il mercato? Se una commissione ti ha ritenuto idoneo per ricevere un contributo istituzionale, come può un comitato organizzativo internazionale della NID decidere di scartarti? La piattaforma dovrebbe dare l’opportunità a tutte le produzioni nazionali, a turno, di potersi mostrare agli operatori italiani ed esteri.

Anche in questo caso, in passato è stata applicata una visione di genere ad un Ministero che in realtà avrebbe dovuto avere altri compiti istituzionali, in continuità con la politica dell’ETI che però era un ente di promozione.

Mi hai detto poco tempo fa, non possiamo andare sul gusto ma sulla professionalità

“Io non posso valutare un artista sulla base di ciò che piace a me, ma sulla base della sua qualità, delle sue capacità, della professionalità, di quanto il suo lavoro possa arrivare ad un pubblico, di quanti danzatori utilizzi nei suoi lavori e se li ha formati precedentemente. Inoltre l’impianto dello spettacolo ha un suo valore, anche la narrazione, le scene, i costumi, l’utilizzo delle luci e delle nuove tecnologie, tutto questo ha un peso in una creazione e nella valutazione di un lavoro. Forse sarebbe opportuno sostenere anche chi senza il sostegno pubblico produce lavori di qualità, che altri producono con ingenti risorse, ma con gli stessi risultati”.

Voi state prestando particolare attenzione alle scuole di danza, ma le scuole di danza da tempo non creano pubblico

“I coreografi, gli organizzatori di compagnie, i direttori di teatri devono capire che chi gestisce una scuola di danza, oltre ad insegnare, spesso fa le pulizie, la promozione, deve essere un amministratore, occuparsi delle problematiche di gestione, etc.  Il ritorno economico che poteva esserci un tempo oggi non c’è più. L’offerta si è ampliata a dismisura e gli utenti si sono frammentati tra le decine di proposte territoriali. Sono convinto che se coinvolgi le scuole di danza, facendole sentir parte di un sistema che le protegge, le valorizza, le aiuta, allora forse puoi chiedergli qualcosa e può nascere quindi una rete di collaborazione. Ad oggi, una scuola di danza che vuole realizzare il suo saggio in un Teatro Comunale o in spazi adeguatamente allestiti è economicamente penalizzata.  Non limito questa riflessione solo alla scuola di danza, ma anche a quelle associazioni che fanno attività culturali di musica, teatro e circo, in quanto avamposti sociali aggreganti fondamentali per le comunità stesse, e grazie a cui molte ragazze e ragazzi crescono attraverso la danza, la musica, la recitazione, l’arte circense, acquisendo valori e conoscenze educative fondamentali per la loro vita. Ritengo assolutamente necessario aiutare le attività formative che per i territori sono vitali.
La politica, soprattutto quella locale, non può non prendere in considerazione il valore di queste attività. Gli stessi circuiti regionali potrebbero aiutare le scuole di danza. Sento l’urgente necessità che le varie realtà tersicoree e di spettacolo facciano sistema.  Non è possibile dare finanziamenti che crescono all’infinito, non ci sono risorse sufficienti, le risorse devono essere armonizzate ed ottimizzate “.

Quali sono le strategie per rafforzare la scena contemporanea italiana, che è indietro rispetto ai partner europei, nella possibilità di penetrare nei mercati nazionali e internazionali?

“All’estero il pubblico è preparato ad accogliere la scena contemporanea, perché sin dalla scuola materna i bambini vengono avviati e sollecitati a performare; sensibilizzati alla visione di performance, spettacoli che spesso sono contestualizzati; attività organizzate e predisposte nei programmi scolastici, non sulla base di una scelta autonoma dei dirigenti e dei collegi che, magari, prediligono il rugby, piuttosto che il corso di danza. Ci sono obiettivi, c’è una volontà, una continuità e non un’improvvisazione saltuaria. Probabilmente è più semplice penetrare i mercati internazionali con alcune proposte, ma il nostro problema è, prima di tutto, penetrare il mercato italiano. C’è la necessità di preparare il pubblico sin dall’infanzia, lavorare con le istituzioni scolastiche di tutti gli ordini e gradi sino all’Università. In questo caso e, solo in questo caso, si fa formazione del pubblico. Ovvio che oggi, se una famiglia italiana porta a teatro i figli per vedere un lavoro di danza contemporanea troppo concettuale, con musica difficile, essendo impreparata si potrebbe spaventare e magari in futuro potrebbe optare di andare in pizzeria o al Cinema a vedere Barby”.

“Dobbiamo tenere presente anche che ci sono delle banalità come il clima mite italiano, ad esempio, che incide sulle nostre scelte: nel nord Europa, viste le temperature rigide, frequentare il teatro è un modo per ritrovarsi, per stare insieme. Da noi se lo spettacolo proposto non ha una forte attrattiva, i giovani preferiscono stare per strada a bere una birra e fare due chiacchiere su una panchina o magari andare al Cinema.

Penso ad un’artista meraviglioso umanamente e artisticamente, come Sergio Bernal, invitato ovunque, spesso anche in molti programmi tv. Lui porta nel mondo la sua cultura: il flamenco, anche rivisto e contaminato. Invece noi vediamo che la maggior parte della danza contemporanea italiana ha come modello quella del nord Europa. Sono convinto che avremmo più successo se riuscissimo a portare all’estero un linguaggio che identifichi l’italianità, trasfigurata, rivisitata, ma con una cifra più made in italy, questo ovviamente è un mio pensiero personale. Ho quasi l’impressione che ci vergogniamo della nostra cultura e di alcune nostre peculiarità. La danza fu promossa da Caterina de’ Medici che, attraverso la presenza di maestri di ballo italiani in Francia, come nel resto d’Europa, favorì la diffusione di forme coreutiche già sperimentate in Italia.  Miguel Angel Zotto mi ha raccontato che il salto di qualità della loro melodia, è stato ispirato dalla musica napoletana. Alcuni sostengono che le nacchere potrebbero essere state ispirate dalle castagnette, strumento dell’Italia meridionale che accompagna varie danze tradizionali.

Con questo, ribadisco anche il concetto, che la danza per evolversi necessita di ricerca, sperimentazione, di interazione tra linguaggi, arte contemporanea, nuove tecnologie e musica contemporanea. La danza (definita) di “ricerca”, però andrebbe collocata in un contesto che non deve avere la prerogativa di fare numeri e sbigliettamento. A mio avviso anche il principio del borderaux andrebbe rivisto e per lo spettacolo dal vivo andrebbe semplificata tutta la burocrazia”.


Oggi, per avere un teatro gremito in Italia, prevale ancora la notorietà televisiva o quella dei social. Alcune compagnie, infatti, utilizzano i ballerini che escono da Amici, e, in effetti il teatro si riempie anche con proposte coreografiche non banali. Dovremmo allora farci qualche domanda


“I social ci insegnano che le persone vogliono essere protagoniste. Quindi per attrarre più pubblico - sto parlando di spettacolo dal vivo - è necessario aprire un dialogo con lo spettatore. Noi coreografi non possiamo più avere la presunzione di ergerci su un piedistallo, quasi a dire: “io sono il più figo, io ho la compagnia più interessante, quindi tu vieni, mi guardi, mi paghi e, se non ti piaccio, sei tu che non sei in grado di capire il mio lavoro”. A parer mio, questo, è un approccio anacronistico, sbagliato e presuntuoso. Dobbiamo costruire un rapporto di fiducia con il pubblico, che diventi funzionale anche ad altri soggetti che lavorano nello spettacolo dal vivo. Basti pensare che ogni compagnia, ogni circuito, ogni centro di produzione, ogni festival risiede in un territorio.  Le realtà del territorio stesso non possono essere mere spettatrici, vanno coinvolte, chiamate a partecipare al processo evolutivo di un progetto. Se ognuno di questi soggetti lavorasse bene nella propria regione potremmo avere un patrimonio di pubblico utile a tutti. Festival, circuiti, compagnie, centri di produzione, a mio avviso, devono necessariamente fare rete per trasformarsi in presidi territoriali culturali permanenti”.
 

Ma per tutte queste prospettive, questi indirizzi, che tempi prevedete? Non sarete come al solito tra i numerosi governi che dicono di mettere mano, ma poi non mettono mano a nulla, addirittura, talvolta, producendo decreti peggiorativi, poco comprensibili, intorcinati?

“Ecco su questo non ci dormo la notte, sento l’urgenza del grande lavoro che andrà fatto da parte di tutti. C’è una fortissima volontà istituzionale ma i fattori esterni sono molteplici.

Il Ministero ha la necessità di andare verso la ricostruzione di un sistema, anche a livello normativo, perché adesso la legge delega 106 del 2022, che non mi sembra affatto formulata bene, contiene di tutto e di più ed è espressa in modo confuso dando una serie di indicazioni scomposte, inoltre in buona parte fa riferimento ad un'altra legge la 175 del 2017. Entrambe le leggi sono state emanate dai governi passati ma orientano e condizionano la stesura del DL “Codice dello Spettacolo”. Il sottosegretario Gianmarco Mazzi, che ha la delega allo Spettacolo dal vivo, su indicazione del Ministro, insieme al capo di gabinetto, ai consiglieri, all’ufficio legislativo, alla direzione generale spettacolo ed alle categorie, stanno cercando di sintetizzare una serie di concetti utili alla stesura del nuovo Decreto Legge e dei successivi Decreti Ministeriali. Stiamo facendo tutti insieme uno grande sforzo per rendere omogeneo un quadro normativo disomogeneo cercando di salvaguardare tutto ciò che non è presente nelle leggi, ma che vorremmo ci fosse per sostenere a pieno la danza e lo spettacolo dal vivo, in linea con il programma di questo governo.

Sintetizzando l’obiettivo?

“L’obiettivo è quello di organizzare, modernizzare e snellire il sistema e su questo stiamo lavorando tutti, in una corsa contro il tempo, ma non possiamo assolutamente sbagliare per fretta, altrimenti ci troveremmo ancora una volta con uno strumento legislativo inadeguato rispetto alle necessità di riforma a sostegno dell’intera filiera della danza e dello spettacolo dal vivo nazionale”.
Monica Ratti