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EgriBiancoDanza il valore assoluto della danza

L'intervista
Quando
21/01/2021
Genere
L'intervista

Due esperienze complementari: quella di Susanna Egri con la sua precedente compagnia “I balletti di Susanna Egri” e quella di Raphael Bianco maturata in lunghi anni da danzatore in varie compagnie straniere. Dall’incontro di queste due personalità così diversi nasce a Torino nel 1999 la Compagnia EgriBiancoDanza una realtà apparentemente anomala nel panorama tersicoreo nazionale non solo per il connubio di queste due anime ma anche per il profondo gap generazionale che le separa, circa 40 anni. Ebbene questo “esperimento”,  che ha da poco festeggiato i 20 anni di attività, si è dimostrato pienamente riuscito dando vita ad una delle realtà ad oggi più longeve del panorama tersicoreo nazionale nonché tra le più attive.

 

 

Susanna Egri e Raphael Bianco: due personalità diverse, due esperienze di vita diverse, due  diverse generazioni.  Quali sono stati i volori e gli obiettivi che invece avete condiviso per fondare insieme la Compagnia?

Forse quello che ci accomuna è essere  spiriti liberi, seguiamo il nostro sentire anche controcorrente, i nostri progetti sono stati sempre il frutto di una nostra urgenza creativa slegata da certe logiche di distribuzione o dalla moda del momento. Inoltre crediamo entrambi nella danza, nel suo strumento, il corpo. Pensiamo ancora che questo possa avere una sua centralità nella creazione coreografica senza escludere  contaminazioni e ibridazioni che certamente possono integrare ed arricchire uno spettacolo di danza. Crediamo nella coreografia e nella composizione coreografica, nella possibilità di poter creare spettacoli dove la danza abbia ancora un valore di primo piano ed essere un punto specifico di interesse.

 

La vostra produzione si è distinta e caratterizzata, in questi 20 anni, anche per la grande versatilità e qualità artistica. Quali sono i tratti distintivi del vostro stile e della vostra ricerca?

Credo non si possa scindere il discorso legato al pubblico dalla nostra produzione artistica.

EgriBiancoDanza non ha un unico stile, abbiamo delle modalità creative che accomunano i nostri spettacoli, ma la ricerca riparte da zero ogni volta che affrontiamo un nuovo progetto, ogni produzione è un viaggio a sé dove intervengono linguaggi, estetiche e, in alcuni casi, modalità creative specifiche e per noi utili alla realizzazione del progetto.

 

Anche in pieno periodo Covid non vi siete mai arresi continuando ad essere attivi e presenti.

#Homesweethome una vera e propria nuova creazione, costruita a partire dalle improvvisazioni casalinghe dei protagonisti o ancora il Gala del 26 aprile per la giornata mondiale della danza in diretta streaming ne sono solo alcuni esempi. Come avete vissuto sino ad ora questo periodo di costrizione e limitazione della libertà nonché di grande incertezza?

Devo ammettere che l’inquietudine maggiore è la salute, non solo nostra, ma di tutta la comunità. Per il resto l’incertezza, la precarietà nel nostro campo, specialmente in Italia, è all’ordine del giorno, viviamo costantemente sul filo del rasoio Covid o non Covid. Quello che si può dire è che la condizione di limitazione ci ha spronato a cercare in orizzonti e dimensioni differenti, e questo non può che fare del bene alla creatività

 

La costante attenzione al pubblico vi ha portati alla creazione di un prodotto godibile ma che offrisse spunti di riflessione personale. Come è cambiato il rapporto con il vostro pubblico in questo periodo di pandemia? E come ha risposto ad iniziative come #ipuntihome?

Trasferire parte della nostra attività sul web durante il Lockdown, ha favorito l’intercettazione di nuovi pubblici.

Il nostro pubblico ci ha seguiti fiducioso e lo abbiamo ritrovato in estate.

Potremmo dire che l’emergenza ci ha avvicinati ancora di più.

 

La rassegna #IPUNTIDANZA giunge quest’anno alla 18ma edizione, e si propone come un’edizione particolare, in qualche modo più sperimentale rispetto alle precedenti. Cosa la caratterizza e quali sono le principali differenze col passato?

La stagione rimane uno strumento di promozione della Danza a cura della nostra Fondazione Egri per la Danza. La differenza col passato è che quest’anno abbiamo cercato di ridisegnare la mappa delle nostre attività, polarizzando e  identificando le nostre mission (Produzione, Programmazione, Formazione) con specifiche aree del territorio regionale. In alcune EgriBiancoDanza sarà presente come unica compagnia e si lavorerà come in una residenza, intensificando il rapporto fra la nostra Compagnia e un territorio specifico (per esempio Verbania  e Torino) in un dialogo e confronto costante con la comunità locale rispetto al nostro lavoro creativo. In altre aree lavoreremo su una proposta a più voci con la partecipazione di diverse compagnie: è il caso della Rassegna Interscambi Coreografici nel Biellese, con dinamiche ed azioni differenti, più articolate  e complesse. Questo favorirà la  mobilità del nostro pubblico su città differenti per seguire le proposte in programma. Va ribadito che la proposta rimane versatile, varia, proprio per coinvolgere pubblici e fasce di pubblico differenti e veicola attraverso le varie attività, i valori che noi perseguiamo da decenni: danza come veicolo di cultura, danza come strumento di aggregazione sociale, danza come strumento di indagine interiore.

 

La rassegna, che si sviluppa da ottobre a giugno 2021, vede confermate partnership e scambi artistici con altre realtà del territorio nazionale e internazionale. C’è un leit motive negli spettacoli e nelle attività correlate proposte?

Le partnership nazionali ed internazionali ci permettono scambi e collaborazioni arricchenti e permettono al nostro pubblico di seguire il percorso di alcuni artisti che condividono con noi ogni anno nuove esperienze creative. Abbiamo per esempio condiviso nel 2019 con la nostra Rete Korto/Circuito a cui aderiscono diverse Compagnie Italiane (Compagnia Megakles - Lentini (CT),  Mandala Dance Company -Ladispoli (RM), Res Extensa - Bari, Gruppo e-Motion - L’Aquila) il progetto Memorie della Terra dedicato a celebrazioni legate al cammino dell’uomo: celebrazioni di Leonardo e lo sbarco sulla luna. Ci siamo dati soggetti comuni per confrontarci e probabilmente ripeteremo l’esperienza il prossimo anno su altri temi. Devo dire che i nostri partner condividono valori artistici e morali e non è difficile in ogni stagione trovare punti di incontro per le nostre reciproche programmazioni. Gli spettacoli sono sempre incentrati sull’uomo confrontato con la propria società o con sé stesso. 

Tema della Rassegna Interscambi di quest’anno per esempio è “Corpo e Società”

 

La Fondazione Egri per la Danza, istituita nel 1998, presta una particolare attenzione all’ambito della formazione che si riflette anche in una produzione ad hoc per un pubblico più giovane come dimostra la sezione Digital Kids, all’interno de I punti danza, che si pone l’obiettivo di far entrare la danza nelle scuole anche con l’aiuto del digitale e del virtuale. Quale importanza rivestono i giovani per la vostra visione?

Sin dagli anni ’60 Susanna Egri si è battuta per portare la danza nelle scuole, contro la riluttanza di docenti e prèsidi. Un territorio favorevole a questa iniziativa è stata l’Emila Romagna e in particolar modo Reggio Emilia. Non a caso ormai da tempo è fiorita lì la Fondazione Nazionale per la Danza e ancor prima l’Aterballetto. Lavorare sui giovani, coinvolgerli con spettacoli di danza espressamente concepiti per loro, favorisce la creazione del pubblico futuro, ed è quello in cui crediamo fermamente. Digital Kids ci permette di portare la danza alle scuole che in questo momento non possono venire a Teatro continuando quel discorso di coinvolgimento e confronto coi giovani che è fondamentale per formare il pubblico di domani.

 

La compagnia vanta un nucleo stabile di danzatori che sono con voi da anni. Come influisce questo sulla vostra evoluzione stilistica e artistica?

Diciamo che la stabilità di una Compagnia favorisce l’identità della Compagnia stessa, la possibilità di lavorare a ritmo sostenuto mantenendo uno standard di qualità e ottimizzando i costi di produzione. Ma soprattutto permette di creare la giusta complicità per poter andare oltre insieme in un percorso di ricerca. Più ci si conosce più possiamo andare a fondo nella nostra indagine, conoscendo le potenzialità degli artisti, rischiando e affidandosi alla loro responsabilità e generosità. I danzatori mi hanno aiutato a progredire ad andare oltre, mi seguono in ogni nuovo progetto e sono pronti a mettersi in gioco con curiosità e fiducia.

 

Le tematiche che trattate con i vostri lavori sono estremamente varie ma spesso il punto di partenza è legato alla società in cui viviamo. Quali sono gli aspetti che più vi interessano?

Ci interessa scandagliare quegli aspetti dell’uomo e della società   mettendo in rilievo elementi e dinamiche sociali o individuali che magari non emergono esplicitamente nel contesto quotidiano. Dare delle visioni personali, farsi intermediario fra il pubblico e le impalpabili tensioni interiori e della società, credo sia uno degli aspetti del fare arte, accompagnando il pubblico attraverso esperienze fisiche e metafisiche che possano aprire lo sguardo su nuovi orizzonti emotivi e di pensiero.

 

La vostra attività si sviluppa non solo a livello teatrale ma anche performativo. Penso ad esempio a L’ultimo rifugio realizzato nel bunker antiatomico del Soratte, o alle performance in spazi museali o non convenzionali. Una precisa scelta tematica?

Alla fine del primo decennio di attività abbiamo sentito la necessità di espandere il nostro lavoro fuori dai teatri. Ci sono cose che si possono esprimere  solo in un contesto performativo ma soprattutto puoi coinvolgere il pubblico in maniera differente, diretta, avvolgente.

Anche la possibilità di sfidare spazi scenografici “naturali” era un ulteriore territorio di ricerca. È stata una scelta che ha rivoluzionato il nostro modo di lavorare e che ha senza dubbio aiutato i nostri ballerini ad una presa di coscienza maggiore di ciò che andavano ad esprimere e su quali frequenze, dato che il lavoro performativo ha tutta un’altra dinamica emotiva e di proiezione psico-fisica rispetto al pubblico.  Questa tipologia di pratiche ci ha fatto conoscere nuovi pubblici e ci ha fatto promuovere la danza in maniera totale e capillare. Molta gente che non sarebbe mai venuta a teatro ha cominciato a frequentare i nostri spettacoli teatrali dopo un evento performativo.

 

Il vostro legame con il territorio è molto forte ed è supportato da numerose partneship con istituzioni sia pubbliche che private anche molto diverse tra loro. Quanto è importante questo legame?

Senza il supporto di istituzioni pubbliche e private il nostro lavoro non potrebbe continuare. Le istituzioni sono diverse fra loro perché le mission ed i progetti a loro legati sono differenti e ciò sottolinea la poliedricità delle iniziative della Fondazione Egri. Non ne farei solo una questione economica, ma di virtuoso scambio e confronto su come accompagnare e fare crescere un territorio. La fiducia di coloro che ci sostengono e coprogettano con noi le azioni ed i fenomeni a loro legati, non può che riempirci di orgoglio: vuol dire che i nostri valori, quelli di Susanna Egri in primis e l’eredità, il patrimonio spirituale ed artistico che pervade il nostro percorso ha un valore che può essere condiviso. Per noi è importante poterci confrontare con i vari “stakeholders”, perché solo così riusciamo a capire se ciò che facciamo può realmente avere un effetto a livello socio-culturale. È essenziale per chi cura la progettazione culturale, e in questo caso anche  la produzione artistica, comprendere i bisogni di una comunità e soddisfarli: ciò è possibile solo se le azioni e relazioni con i differenti partner concorrono alla realizzazione di progetti condivisi, reciprocamente necessari,  sentiti e partecipati.

 

La Rassegna Interscambi Coreografici propone per la provincia di Biella e in particolare per Vigliano Biellese, una variegata proposta coreutica in un arco temporale che va da ottobre 2020 a maggio 2021. Qual è l’idea alla base di questa scelta?

Il Biellese è una nuova scommessa, ed è proprio il frutto di un confronto diretto con varie istituzioni pubbliche e  private.

Abbiamo identificato in quel territorio l’area ideale per portare tutta la nostra programmazione che non fosse la Compagnia EgriBiancoDanza. Ci siamo accorti che avremmo potuto valorizzare il nostro cartellone di ospitalità circoscrivendolo in un’area geografica definita facendo emergere quanto peso abbiano le partnership artistiche sulla nostra programmazione sino ad allora programmata in luoghi diversi su un territorio e trasformandolo in  un vero e proprio presidio culturale, un polo dedicato alla danza contemporanea. Abbiamo trasformato la sezione Interscambi della stagione I Punti Danza in una vera a propria Rassegna che sarà sempre più autonoma. Si tratta di un anno ponte prima del prossimo triennio, ma l’idea è quella di ospitare organismi di produzione coreografica nazionali ed internazionali e parallelamente promuovere sul territorio pratiche coreutiche che facilitino la fruizione degli eventi, consolidando una comunità intorno alla danza e creando benessere psicofisico.

C’è un‘effervescenza culturale molto interessante nel Biellese, ci sono Istituzioni culturali, coreutiche e musicali di grande rilievo con cui lavorare in stretta sinergia. In particolare il Comune di Vigliano Biellese ci ha dato fiducia e collabora attivamente alla programmazione presso il proprio teatro (Teatro Erios) di una cospicua parte della Rassegna Interscambi.

 

A febbraio 2021 è previsto il debutto di una nuova produzione. Potete darci qualche anticipazione? 

“Einstein : lo spazio del tempo” è il terzo capitolo di un progetto incentrato su  grandi pensatori dal titolo “Ergo sum” e dedicato ad una riflessione sull’esistere. Abbiamo già prodotto “Essais: d’aprés Montaigne” dedicato a Montaigne e “Leonardo Da Vinci: anatomie spirituali” dedicato ovviamente a Leonardo. Mentre per le prime due tappe abbiamo avuto dei testi su cui lavorare e chiare sezioni per sviluppare le coreografie, per Einstein è più complesso, siamo in fase di creazione, una creazione lunga in confronto alle altre, stiamo lavorando a periodi con un sound designer molto interessante: Andrea Giomi. Con lui stiamo sviluppando uno spettacolo che si basa su tracce sonore derivanti dalla cattura del movimento attraverso dei sensori e la sua trasformazione in suono. Si tratta di un lavoro di pura astrazione che però proprio per la portata delle intuizioni di Einstein ci proietta nell’enigma che permea la nostra esistenza: realtà e apparenza, relatività delle azioni nel tempo e nello spazio.

 

Quanto hanno influito a livello creativo e di linguaggio gli attuali protocolli per l’emergenza covid?

Come ho già detto le limitazioni ed i protocolli hanno stimolato la creatività obbligandoci a trovare nuove formule di rappresentazione e di ricerca. Abbiamo debuttato poco dopo il lock down al Teatro Franco Parenti di Milano con uno spettacolo, dal titolo “Scacco Matto”, che doveva rispettare i nuovi protocolli di sicurezza. Qui  da una parte ho ripreso un balletto storico della Compagnia, “Feroce partita” (una partita a scacchi con figure umane),  in una versione dove il distanziamento fra i danzatori lo ha reso a mio avviso ancora più significativo e potente. Dall’altra, ho creato “Quartetto per la fine del tempo” su alcuni movimenti  dell’ omonima partitura di Olivier Messiaen integrati da  alcune musiche di Ezio Bosso,  che mi ha portato su un’altra dimensione compositiva, rinunciando ad ogni contatto fra i danzatori, ma sollecitandomi a una ricerca altrettanto profonda sul gesto e sui rapporti umani.

 

L’emergenza legata alla pandemia sembra ancora lontana da un epilogo. Come vedete il futuro della danza e in particolare il vostro in questo scenario?

Per ora procediamo con i nostri progetti, la stagione, la Rassegna, abbiamo una compagnia straordinaria e dei progetti digital nel cassetto che potremmo sviluppare se ci fosse impedito di lavorare in scena, ma su cui ora non mi sbilancio. Il nostro desiderio  più grande, nonostante le incertezze del momento,  è comunque quello di ritrovare il pubblico a teatro.

Luana Luciani