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Teatro e Immateriale: Ipotesi di ibridazione in tre zone temporali-Il pensiero di Fabrizio Favale

La Mail
Quando
13/05/2020
Genere
La Mail
 da  LA MAIL N.15

 Teatro e Immateriale: Ipotesi di ibridazione in tre zone temporali

 Il pensiero di Fabrizio Favale 


 "La Mail" è il nome della nuova e breve rubrica pensata da Monica Ratti Massimo Zannola dove piu coreografi verranno raggiunti da una email in cui si chiede di esprimere un pensiero, una riflessione dettata dai sentimenti (rabbia, dolore, gioia, felicità, paura e....)

Ogni coreografo dovrà esprimere un pensiero sentito, quanto più spontaneo possibile.
Saranno protagonisti coreografi italiani a rappresentanza di diverse generazioni, generi (teatrale, televisivo) e i coreografi italiani all’estero.
  
   
La quindicesima  email è stata inviata da Massimo Zannola  a Fabrizio Favale. 


INTRO: sagittario
Per il compito che mi prefiggo adesso evocherò e chiederò aiuto a un Sagittario (che è anche il mio segno zodiacale), per poter scagliare una freccia attraverso le tre zone temporali dello scritto che segue. La pretesa è alta – pretesa forse necessaria per poter dire qualcosa – e il Sagittario, col suo corpo metà uomo metà cavallo, già prefigura quell’ibridazione che si propone di trafiggere, narrando di un’ipotesi di mutazione genetica del teatro come struttura e della danza come attività. La traiettoria della freccia è però circonflessa - e soprattutto tergiversa, si dilunga, sbaglia la mira e solo a tratti prende di petto – dunque, nonostante tenterò di rispettare un ordine temporale, che dal passato va al futuro, il passato potrebbe essere già di nuovo davanti a noi che ci attende.

SUL PRIMA: dove finisce il passato
Fino a ieri l'Italia ci è apparsa come forse l'unica nazione, fra i paesi benestanti, che sembra non amare i propri talenti. Che liquida con un'alzata di spalle i cervelli che fuggono. Che si fa insofferente difronte al talento e che lo teme con generiche accuse di presunzione e autoreferenzialità. Che lavora solo a riconfermare uno stato delle cose affinché non cambi davvero. Che come Urano teme il falcetto di Crono.
Così normalmente ciò che è avvenuto di nuovo, anziché essere portato in primo piano, è avvenuto ai margini o è stato sottovalutato. La danza non è certamente rimasta immune da questo sostrato di pensiero.
Eppure ha avuto un percorso del tutto singolare che, in questo seppur incompleto e parziale scritto, mi prefiggo di portarne alla luce gli aspetti positivi, cioè quelli che ritengo contengano qualcosa da ripensare. La mia generazione, e in parte anche quella prima, è cresciuta certamente senza sostegno, senza reti di protezione, eppure, in completa solitudine e con scarsissime economie, è cresciuta libera.
Subito dopo la mia generazione il processo di avanzamento nell'evoluzione della danza, nonostante diversi sforzi di strutturazione di un sistema, sembra essersi arrestato. Le cause le rintraccio in tre aspetti intrecciati fra loro, che forse, a ben guardare, sono uno soltanto: una ricerca ossessiva del prodotto vincente (talentscout incluso); una ben nota esterofilia del grande nome della coreografia; un’attuale ritorno di fiamma di massa nei confronti del repertorio classico e delle sue varianti o affini - che lungi dall’essere un amore per i classici, si presenta esclusivamente come desiderio di fare passi indietro verso una semplificazione culturale e di linguaggio. Questi tre elementi, seppur in una certa misura necessari, hanno realizzato quella mistura letale, dove la grande esclusa sembra essere stata proprio la realizzazione del riconoscimento di una nuova danza italiana, con le sue specificità, maturità, prontezza. La ricerca ossessiva del prodotto vincente (che altrove chiamiamo consumismo), lungi dal vedere che magari quello che cerca è esattamente sotto i propri occhi, non è altro che una macchina schiacciasassi, che mentre scopre il talento (giovane o maturo che sia) lo tritura e passa avanti. 
Ecco che questa macchina, che naturalmente ha un costo e che è condivisa dai più (da una Rete?) ha tracciato un solco arido che, annodato a quello delle economie spese per l’ospitalità del grande nome internazionale e a quello dell’ospitalità di “facili” titoli di repertorio acchiappa-pubblico, ha finito per generare una tossicità atmosferica in cui la danza, soffocando, sembra aver perso i sensi per almeno un decennio. In quell’aria tossica era impossibile ipotizzare un dialogo con gli artisti.
Impensabile la grande produzione di danza italiana, il grande sostegno alla ricerca, alle idee dei coreografi, alla valorizzazione di meravigliosi danzatori interpreti, che pure abbiamo.
Ora, a conclusione di questo scritto sul Prima, come possiamo tirare una riga di conclusione che ci garantisca che è davvero un passato? Forse occorre una freccia di Sagittario ancor più robusta.
Proviamo allora a dire a tutti gli operatori culturali: liberatevi di quella macchina schiacciasassi e tornate liberi. Facciamo viaggi d’esplorazione verso i territori aspri e selvaggi dove gli artisti italiani smontano e rimontano ogni giorno le proprie tende d’accampamento.
Prima però dobbiamo anche abbandonare definitivamente riferimenti a uno standard di linguaggio europeo, perché in Italia gli artisti sono cresciuti senza riferimenti, soli, selvaggi, folli, come i primi uomini. Nulla hanno a che vedere con le eredità olandesi (NDT?), tedesche (The Forsythe Company? Bausch, addirittura?), e francesi, belghe, danesi, svedesi, perché quelle eredità poggiano su un passato di investimento culturale e di pensiero, che noi dobbiamo urgentemente ammettere di non avere. Eppure… qualcosa di minerale, luccicante, una specie di leggera-intensità sorvola aerea le pratiche della danza italiana, che forse grazie proprio alla tossicità di quel Prima e alla sua solitudine, ha trovato il proprio carattere specifico in prospettive futuribili tutte da esplorare e con cui dialogare. La ricerca raminga e selvatica in solitudine - wanderlust, viene chiamata altrove - non è qualcosa da curare.

SULL'ATTUALE: minerale immateriale
Qualcosa di inaudito - eppure arcaico e immensamente ciclico - sta accadendo adesso: il nostro indietreggiare difronte al volto minaccioso del mondo. Ma quando il mondo là fuori si allontana, è il mondo del sogno che sembra sopraggiungere.
Ecco che l'immateriale si fa avanti e si mescola indissolubilmente con il materiale, influenzandone i modi dell’apparire.
Questa strana mescolanza può essere semplicemente ignorata, con insofferenza e desiderio che si passi oltre, oppure può essere raccolta in tutta la sua portata, affinché alla fine si possa dire che quel che è accaduto non è accaduto invano.
L’immateriale dialoga con il materiale… e già ecco apparire mondi sottili fatti di bit, telepatie, desideri struggenti nella distanza, danze immateriali, l’arrivo degli animali, battiti d’ali di libellule di danzatori che non sono danzatori ma scariche elettriche di circuiti dentro i nostri dispositivi, sostanza fatta di pensiero che vuole muovere montagne concrete fatte di sassi. E i sassi non sono più sassi, ma i minerali dell’immaginazione che compongono la passione ardente di una nuova libertà creativa, d’espressione, di relazione, dell’abitare, del lavorare, della sussistenza.
Da questa mescolanza non è immune il teatro, che pure è fatto di mattoni, di sassi, di minerali...

SUL DOMANI: teatro immateriale, una lista
Quello che vorrei lasciar apparire adesso è una lista incompleta, sbozzata, una lista della spesa, un promemoria dell’inesistente. Qualcosa eventualmente da raccogliere, fraintendere, ignorare, appallottolare, ampliare, smontare e rimontare a piacere. E nel farlo utilizzerò l’oggetto-teatro in una prospettiva solubile, aeriforme, ibridata.

1 I teatri e l’immateriale. 
È l’ipotesi che il teatro non sia più - o non sia solo - quel particolare tipo di edificio solido che conosciamo, che al suo interno ospita e permette l’incontro fra opere artistiche e pubblico, ma sia - o sia anche - il veicolo e lo snodo portuale del sostegno produttivo, logistico, relazionale, formativo, promozionale, attraverso cui le opere e i processi di invenzione, ricerca e produzione, sia materiali che immateriali, possano accadere anche altrove (in realtà ovunque), in luoghi fisici ma anche virtuali.
Tutti i punti che seguono si riferiscono quindi a questa tipologia di teatro tentacolare, aeriforme, inventata, dove si rende necessario il dialogo e la coprogettazione fra istituzioni, direttori di teatro, operatori culturali e artisti stessi. Perché questo teatro, solido e fatto d’aria allo stesso tempo, non solo ospita e produce, ma disegna degli arabeschi di creazione tutto attorno a sé e perfino lontanissimo.

2 Prima tipologia di teatro immateriale: invenzione di Teatri Nazionali per la Danza.
Ogni provincia italiana può candidarsi per destinare uno dei suoi teatri completamente alla danza, andando a identificare almeno 4 inediti Teatri Nazionali per la Danza. Questi teatri sono aperti costantemente tutto l’anno al pubblico, a residenze artistiche, programmi di formazione per danzatori, programmi spettacolari, programmi sperimentali proposti dagli artisti, scegliere di avere uno o più artisti associati da seguire nel loro percorso di ricerca da uno a tre anni. 
Tutte le attività sono da intendersi possibili all’interno di ogni dove, dal teatro stesso, al campo agricolo, al proprio salotto, nell’etere, a seconda del progetto.

3 Seconda tipologia di teatro immateriale: candidatura di tutti gli altri possibili teatri.
In accordo e con il sostegno di enti locali, nazionali, fondazioni ecc. si auto candidano grandi, medi e piccoli teatri – anche quelli storicamente non legati alla danza -nell’accoglienza durante la loro stagione (che come da premessa può accadere anche fuori dal teatro stesso e in qualunque forma) di almeno un progetto rispettivamente di una grande, media e piccola produzione di danza italiana, con possibilità di coproduzione.

4 Tutti i teatri elencati finora possono dedicare una parte specifica della loro attività al dialogo con il percorso creativo di giovani autori emergenti, in una pratica di protezione e attenzione.

5 Tutte le tipologie di teatro elencate finora possono includere nel loro programma zone della sperimentazione non finalizzata necessariamente a esiti spettacolari, ma tuttavia condivisibili e con lo stesso valore anche economico di una produzione in senso classico.

6 Costituzione di organismi di confronto, dialogo, ampliamento e articolazione dei discorsi attorno alle pratiche di questa diversa tipologia di teatro.
Organismi misti e non stabili di artisti, critici, pensatori, pubblico.

OUTRO: giurin giurello
Ho messo meticolosamente il Prima all’inizio, un pò per assicurarmi, perscongiurare, per fare giurin giurello che fosse veramente un passato, un po'perché il passato è sempre la zona più faticosa da riattraversare e infine un po' perché nei capitoli Sull’Attuale e Sul Domani non posso adesso non ricordare che anche ciò che mi son sforzato di inventare ha dei precedenti e dei meriti a cui essere grati. Prima di tutti il Sagittario che mi ha permesso di arrivare fin qui.

Fabrizio

Grazie a Fabrizio Favale per il suo pensiero e per chi non conoscesse ancora la sua brillante carriera può leggere le righe che seguono.


Full scholarship all’American Dance Festival, Duke University, USA nel 1990, Fabrizio Favale come danzatore nel 1996 riceve il “premio della critica come miglior ballerino italiano dell’anno”. Come coreografo nel 2011 la “Medaglia del Presidente della Repubblica al talento coreografico italiano”. Dal 1991 al 2000 è stato danzatore per la compagnia Virgilio Sieni. Nel 1999 fonda il gruppo Le Supplici. Dagli anni seguenti è invitato in numerosi festival internazionali come la Biennale di Venezia, Suzanne Dellal Tel Aviv, Expo 2010 Shanghai, SIDance Seoul, Kitazawa Town Hall di Tokyo, The RED Serpiente Mexico, Festival Santarcangelo, Gender Bender Festival Bologna, Danae Festival Milano, Festival di Edimburgo, Aperto Festival Reggio Emilia. Le sue opere hanno ricevuto premi per le coreografie in Spagna, Germania e Serbia. È ideatore di una serie di progetti indipendenti dedicati alla ricerca tra cui: “Piattaforma della Danza Balinese” per il Festival di Santarcangelo e “Circo Massimo” per il Teatro Duse di Bologna. Collabora con musicisti internazionali come Mountains, Teho Teardo, Daniela Cattivelli. Recentemente il lavoro OSSIDIANA è stato invitato alla Biennale de la Danse de Lyon e il lavoro CIRCEO è coprodotto dal Théâtre National de la Danse Chaillot, Parigi. Il suo lavoro si basa principalmente su un linguaggio astratto personale, ma spesso si riferisce a immagini che provengono dalla cultura arcaica, pagana, paesaggistica e italiana. Il lavoro di Fabrizio è fortemente influenzato dalla forza di una terra fatta di pietraie desolate, vulcani attivi, isole remote, ghiacciai alpini.

Massimo Zannola