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Torneranno i corpi di ballo?

Primo Piano
Quando
12/01/2022
Genere
Primo Piano
Torna alla ribalta sui tavoli della politica il problema dei corpi di ballo delle Fondazioni lirico-sinfoniche. In Italia infatti, celebre in tutto il mondo per l’opera e per il balletto, si è assistito ad un depauperamento della produzione tersicorea nelle fondazioni nonostante all’articolo due della legge 800 del 1967, che ha dato i natali a quelli che all’epoca erano chiamati “enti lirici”, si parli espressamente di «un fondo da erogare in sovvenzioni a favore di manifestazioni liriche, concertistiche, corali e di balletto da svolgere in Italia ed all’estero e di altre iniziative intese all’incremento ed alla diffusione delle attività musicali».
Insomma se per legge le categorie artistiche delle fondazioni lirico-sinfoniche sono tre, orchestra, coro e corpo di ballo, nella realtà la maggior parte di questi ultimi è stata dismessa tant’è che ad oggi ne sopravvivono solo 4 stabili: quello del Teatro alla Scala di Milano, dell’Opera di Roma, del Teatro San Carlo di Napoli e del Teatro Massimo di Palermo. Numeri ridicoli se pensiamo che in Germania i corpi di ballo sono 50 ed in Francia 90. Questa profonda crisi sta portando a due conseguenze facilmente intuibili: una graduale scomparsa della cultura della danza, in particolare classica e di repertorio, nel nostro Paese e una inarrestabile emorragia di danzatori, e sono tanti, per i quali in patria non ci sono sbocchi professionali.

Perché abolire i corpi di ballo
Dismettere i corpi di ballo non ha motivazioni artistiche ma esclusivamente economiche. Si tratta di mere questioni di bilancio, di politiche di abbattimento dei costi, divenute una necessità per chi ha aderito al decreto-legge n. 91 del 2013 la famosa legge Bray con la quale, in estrema sintesi, è stato istituito un fondo rotativo gestito da un commissario straordinario del Governo per la concessione di ulteriori finanziamenti alle Fondazioni che versassero in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale. Per accedere al fondo le Fondazioni dovevano presentare un piano di risanamento triennale per raggiungere l’equilibrio.
Tra i contenuti inderogabili del piano: la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo, la razionalizzazione del personale artistico, la ristrutturazione del debito, il divieto di ricorrere a nuovo indebitamento. Chissà perché in Italia esiste questa strana opinione generalizzata per cui una sana gestione, economicamente sostenibile, passi necessariamente per il taglio dei lavoratori e mai della dirigenza o ancora attraverso una politica di spese più oculata. Abolire proprio il ballo risulta anche più semplice per il minore punteggio, e forse per il minore valore, attribuito alle rappresentazioni di balletto rispetto a quelle operistiche dal FUS - Fondo Unico per lo Spettacolo che a tutt’oggi rappresenta la principale fonte economica delle Fondazioni.
Se infatti per una rappresentazione lirica vengono assegnati fino ad un massimo di 12 punti, per un balletto con orchestra e un proprio corpo di ballo stabile o di altra fondazione con non meno di 45 elementi vengono assegnati 7 punti, che scendono a 5 se il numero di tersicorei è inferiore a 45, che scendono ulteriormente a 2 se la musica è registrata. Viene da chiedersi quindi se l’aumento dei fondi FUS auspicato da più parti per incentivare le Fondazioni a dotarsi di un corpo di ballo sia effettivamente risolutiva.
Se così fosse dovremmo scoprirlo presto dato che la legge di bilancio 2022 ha previsto una dotazione a fondo perduto di 100 milioni di euro per l’anno 2022 e 50 milioni di euro per il 2023.

Danzatori: tra precariato e disoccupazione
Ma qual è lo stato di salute dei quattro corpi di ballo supersiti? Non ottimo e non per colpa del Covid! C’è innanzi tutto il dramma del precariato. A parte in Scala dove a fronte di 70 ballerini stabili ce ne sono 30 a tempo determinato nel resto d’Italia i numeri sono desolanti. A Roma vi sono 56 stabili e 15 aggiunti ma solo grazie alle cause vinte recentemente dai ballerini (prima gli stabili erano circa 25). A Napoli per 16 ballerini stabili ce ne sono circa 13 aggiunti. Secondo le dichiarazioni del Sovrintendente Lissner gli aiuti extra richiesti al Sindaco De Magistris permetteranno di arrivare presto a 40 elementi stabili. E arriviamo a Palermo che attualmente conta 4 ballerini stabili e 22 precari… un po’ pochino no?
A prendere a cuore la condizione dell’unico corpo di ballo rimasto nel sud italia e della condizione marginale cui è relegata la danza è il deputato regionale del M5S Luigi Sunseri “In Italia la danza è quasi sparita dai teatri e nel capoluogo siciliano, oltre ad assottigliarsi gli spettacoli in programma, è del tutto scomparso anche il dibattito sulle stabilizzazioni dei precari, che ad oggi non hanno firmato i contratti di lavoro. C’è una vivace preoccupazione tra gli operatori del settore e non si può più perdere tempo”.
Quello del precariato e dell’abuso dei contratti a termine è un problema serio e radicato. Le normative prevedono che le FLS abbiano un numero di dipendenti a tempo determinato non superiore al 20% di quelli a tempo indeterminato. La norma è palesemente stata disattesa tant’è che il 25 ottobre 2018 la corte di giustizia europea ha rilevato l’assenza di una normativa italiana volta a prevenire e sanzionare l’abuso del contratto a tempo determinato all’interno delle Fondazioni lirico sinfoniche e nel dicembre 2020 la Commissione europea ha inoltrato l’ennesima notifica di messa in mora nei confronti dell’Italia. Ecco perciò che il 28 giugno 2019 lo Stato italiano emette il DL 59 convertito poi nella legge 81. Entro 30 giorni il MIBACT di concerto con il ministero dell’economia avrebbe dovuto emettere uno “schema guida” che sarebbe servito a ridiscutere la dotazione organica e a riempire i vuoti occupazionali, nonchè indire dei bandi a titoli per favorire la stabilizzazione dei precari storici.
Il 7 settembre 2019 l’allora Ministro Bonisoli lascia il posto a Dario Franceschini e l’emanazione degli schema tipo slitta così a dicembre 2019. A marzo 2020 scoppia la pandemia e il mondo si ferma. Ad oggi degli schema tipo non c’è traccia e i precari rimangono precari o peggio diventano disoccupati.

Senza corpi di ballo non c’è più balletto?
Aver licenziato il corpo di ballo non si è tradotto necessariamente nella cancellazione di una programmazione di danza, così come averlo non è sinonimo di una ricca stagione di balletto: è il caso del Teatro Massimo di Palermo che per la stagione artistica 2022 propone un unico titolo di balletto, Le relazioni pericolose, per la coreografia del direttore Davide Bombana; a questo si aggiungono due titoli che andranno in scena durante la stagione estiva per un totale di sole otto recite contro le 35 dello scorso anno, che per inciso erano già poche. La danza, come dicevamo, sopravvive anche dove un corpo stabile non c’è più.
Il Teatro Regio di Torino, ad esempio, per il 2022 ha in programma 4 titoli di balletto e almeno due opere che prevedono il coinvolgimento dei ballerini. Tutte produzioni esternalizzate. Alla Fenice di Venezia, per la stagione 21/22, andranno in scena Lac del coreografo Jean-Christophe Maillot per Les Ballets de Monte-Carlo e Marie-Antoinette per la coreografia di Thierry Malandain per il Malandain Ballet Biarritz. Al Politeama di Genova oltre che per la Parsons Dance Company e Daniel Ezralow si investe un pochino anche in danza italiana con la RBR Dance Company e il Balletto di Milano.
A Verona ormai la stagione danza si regge sul gala “Roberto Bolle & Friends”. Paradossalmente però la fondazione non ha mai smesso di assumere danzatori con contratti a termine per la stagione operistica. Le prossime audizioni di dicembre 2021 serviranno a “formulare apposite graduatorie di idonei, cui avrà la facoltà di attingere per possibili future assunzioni a tempo determinato, sia per l’attività a carattere stagionale all’interno del Festival Areniano (ex D. Lgs 81/2015 art. 19 c. 2, e Accordo Collettivo Aziendale 02.05.2017), sia per eventuali assunzioni a tempo determinato in specifici spettacoli extrafestival, nel rispetto delle disposizioni normative e degli Accordi Collettivi vigenti tempo per tempo”.
La nostra carrellata termina a Bari dove il Petruzzelli ha in programma dal 4 al 6 febbraio 2022 un Romeo e Giulietta per la coreografia di Jean-Christophe Maillot ma ad oggi (siamo alla fine di novembre) non ci sono informazioni disponibili circa chi lo interpreterà. Ad ottobre 2022 invece direttamente dalla Spagna potremo ammirare la compagnia Antonio Gades nella produzione Fuego ispirato a El amor brujo di Manuel de Falla. Insomma da nord a sud un programmazione danza abbastanza striminzita e con stragrande maggioranza di compagnie straniere. Non sembra strano che nonostante si parli tanto di proteggere e curare il nostro patrimonio culturale vengano spesi soldi pubblici per invitare compagnie straniere? Ricordiamo che all’interno della ripartizione FUS, che sovvenziona tutto lo spettacolo dal vivo, quindi teatro, musica, danza e circo e spettacolo viaggiante, alle Fondazioni viene assegnata una quota percentuale di oltre il 50% dei fondi disponibili. Forse una piccola quota potrebbe essere utilizzata per sostenere la danza made in italy.

La voce della politica
Questa situazione, al contempo drammatica e paradossale, è stata oggetto pochi mesi fa di una interpellanza parlamentare al Ministro della Cultura Dario Franceschini a firma dei senatori Anna Maria Bernini, Lucio Malan, Andrea Cangini, Francesca Alderisi e Francesco Maria Giro. Circa la ricostituzione e valorizzazione dei corpi di ballo delle fondazioni lirico-sinfoniche è stato chiesto al Ministro se verranno posti al centro dell’azione di riforma del settore dello spettacolo, ripristinandoli ovunque sia possibile e adottando norme volte alla salvaguardia dell’occupazione stabile dei lavoratori.
È stato altresì proposto di cambiare la denominazione in “fondazioni lirico-sinfoniche e di balletto”, preservandone la struttura artistica, composta da orchestra, coro e corpo di ballo, e i fini istituzionali di produrre opera lirica, musica sinfonica e balletto. Il Ministro, pur condividendo lo spirito degli interroganti e credendo nella forza della danza italiana che, a suo dire, è un settore su cui “assolutamente bisogna investire”, ricorda che la normativa in materia non obbliga le fondazioni ad avere un proprio corpo di ballo ma sono gli amministratori che devono valutare singolarmente l’opportunità di istituirne uno. Il problema allora verrà risolto a breve se diamo credito alle dichiarazioni di vari sovrintendenti durante le audizioni alla commissione cultura della Camera dei Deputati, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle criticità delle fondazioni lirico-sinfoniche, svolte tra ottobre e novembre.
La sovrintendente della Fondazione Arena di Verona Cecilia Gasdia ha posto l’attenzione su “un argomento che le sta molto a cuore” il corpo di ballo, l’ultimo in ordine di tempo a subire la definitiva dismissione nel 2017 per abbattere i costi e rientrare nel piano di risanamento. La sovrintendente ha invitato gli onorevoli presenti e la politica nazionale tutta a riflettere sul ritorno dei corpi di ballo nelle Fondazioni perchè rappresentano dei bacini di utenza enormi. “Ci sono migliaia e migliaia di persone, non solo appassionati, professionisti, bambini che studiano questa materia e che potrebbero trovare un lavoro che in questo momento gli è in gran parte negato. Questo è mortificante per la nostra nazione, per le fondazioni e per tutti coloro che amano la danza”. Anche il sovrintendente della fondazione San Carlo di Napoli Stéphane Lissner ha parlato di corpi di ballo raccontando come al suo insediamento ha trovato un organico di soli 13 tersicorei a tempo indeterminato. Inaccettabile per chi, come lui, è stato al Teatro alla Scala e all’Opera di Parigi.
Per questo tra i suoi primi impegni c’è stato parlare con il sindaco di Napoli, nonché Presidente della Fondazione, per avere aiuti extra per il corpo di ballo il cui organico dovrebbe arrivare presto a 40 elementi stabili. E data l’importanza a suo dire fondamentale del ballo ha anche convinto la direttrice del corpo di ballo dell’opera di Parigi Clotilde Valayer a trasferirsi a Napoli per ricoprire, dall’aprile 2021, il ruolo di Direttrice del Corpo di Ballo. La prima nuova produzione con la sua direzione sarà il lago dei cigni in scena il 28 dicembre 2021. Sulla stessa linea il sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo, nonché presidente dell’ANFOLS, Francesco Giambrone che ha dichiarato: “un teatro è completo quando ha orchestra, coro e corpo di ballo”. Anche i sindacati hanno posto l’attenzione sui corpi di ballo sottolineando come ci sia necessità di personale stabile per avere un prodotto di qualità.
L’argomento è sembrato comunque già di estremo interesse per alcuni dei politici presenti come l’On. De Nitti promulgatore dell’indagine conoscitive sulle FLS, che ha chiesto di quantificare il beneficio economico derivante da queste dismissioni e l’On. Mollicone che ha posto l’accento sul tema delle piante organiche dato che molti sovrintendenti considerano una sana gestione tagliare il costo del lavoro e dare in appalto esterno intere produzioni artistiche mortificando le capacità produttive interne, sia artistiche che tecniche.
Fin qui la “voce” della politica. Nel prossimo numero di DanzaSì daremo spazio ai veri protagonisti: i danzatori dei corpi di ballo delle Fondazioni.
Luana Luciani