Login   |   Registrati
Indietro

Veronica Peparini

L'intervista
Quando
12/01/2022
Genere
L'intervista
Non sono molti, oggi, gli idoli della Danza, conosciuti al grande pubblico italiano ma, tra questi, oltre all’internazionale Roberto Bolle, spunta sicuramente lei, da anni beniamina di grandi e piccini per la sua pluriennale partecipazione ad ‘Amici’ di Maria De Filippi. Veronica Peparini si contraddistingue per la sua pacatezza, il suo porsi con i ragazzi in modo garbato, quasi materno; conoscendola da oltre 15 anni posso affermare che è una caratteristica che le è propria da sempre.
Non ama alzare la voce o imporsi in modo saccente ma, se ritiene di avere ragione, non molla il punto. La sua carriera spazia tra teatro, cinema, televisione, video. Ha lavorato per artisti quali Giorgia, Tiziano Ferro, Alessandra Amoroso, Luciano Pavarotti, Kylie Minogue. Ha coreografato Romeo e Giulietta, prodotto da David Zard, ma anche per le Cinque du Soleil, Top of the Pops, Miss Italia; ha collaborato con suo fratello Giuliano Peparini in numerose produzioni all’estero; ha partecipato al Todi Arte Festival per l’evento Danza diretto da Vittoria Ottolenghi e al Festival delle Ville Vesuviane per una serata a cura di Vittoria Cappelli. È stata sposata con Fabrizio Prolli: anche lui una carriera nel mondo della Danza, per molti anni accanto a Veronica, che lo ha portato ad essere uno dei docenti più seguiti ed amati dai giovani.
Oggi è la compagna di un altro personaggio amato dal grande pubblico, il ballerino Andreas Muller; insieme formano una delle coppie più glamour e seguite sui social e dalle riviste mondane. Due figli, Daniele e Olivia, entrambi nati dal suo matrimonio.
Un fratello altrettanto celebre, Giuliano Peparini, con il quale ha un rapporto affettivo da sempre molto stretto; la grande stima che nutrono l’uno per l’altra a livello professionale li vede spesso collaborare nel lavoro.

Come descriveresti Veronica oggi?
Sicuramente più consapevole, meno emotiva, più controllata. Ero un’istintiva, le mie esternazioni erano più “di pancia“; da un lato, a pensarci bene, poteva sembrare meglio essere come allora, ma da un altro punto di vista no. Fondamentalmente mi sento la Veronica di sempre. Diciamo che nel lavoro ho imparato a dosare le energie; nella vita, in generale, mi sento più indipendente, mi muovo di più da sola. Un tempo tendevo maggiormente ad appoggiarmi a qualcuno, gli amici, le persone care, oggi, invece, nei limiti del possibile, preferisco approcciarmi alle mie cose e risolverle in autonomia.

Come intendi la danza?
In modo ampio. Ho una visione della Danza a 360 gradi ed è sempre stata la mia linea, libertà di espressione, di pensiero, di movimento, utilizzando differenti stili, contaminazione. Non ho dei parametri definiti né delle preclusioni, anzi, un parametro fondamentale sì: ci si deve approcciare alla Danza con lo studio, la consapevolezza; non è il tecnicismo, il virtuosismo che mi interessa, ma l’originalità del movimento, l’intensità del gesto, la consapevolezza del proprio corpo. Per cui amo sia ballerini molto tecnici, sia quelli più ‘sporchi’ ma ognuno di loro mi deve comunicare qualcosa di speciale. Il fisico può anche avere imperfezioni, ma è lo studio e la consapevolezza sulla e della propria fisicità che può fare la differenza.

Cosa pensi della danza italiana?
Penso che la scena della Danza italiana sia molto forte, per cultura, storia, carattere, passione, per quella creatività e intuito che da sempre nelle Arti contraddistingue noi Italiani nel mondo. Può sembrare retorico ciò che dico ma i danzatori più duttili e interessanti all’estero sono prevalentemente italiani; siamo ricchi di talento in tutte le Arti ma per la Danza ritengo che siamo il Paese per eccellenza; per me l’America non è un modello, i miei riferimenti artistici oggi sono in Europa e in Italia. Sento che si parla in continuazione di valorizzare il sistema Danza: non ho la possibilità di seguire da vicino le vicende politiche in tal senso ma, per quello che sperimento, rispetto a 10 anni fa, non vedo evoluzione, anzi, la situazione mi pare piuttosto di profonda crisi.

Secondo il tuo punto di vista, oggi la danza ha più pubblico rispetto a qualche hanno fa?
Secondo me no. Non vedo tutto questo interesse per gli spettacoli di Danza, tranne che non siano Gala con nomi importanti, grandi compagnie internazionali o lavori come ‘Romeo & Giulietta ama e cambia il mondo’, produzione incredibile alla quale ho avuto il grande onore di partecipare per la realizzazione delle coreografie. Per i lavori d’autore manca una formazione di pubblico; non è pensabile, in particolare con i giovani (sui quali si dovrebbe investire di più, per sensibilizzarli alle forme d’Arte), trascinare le persone a teatro a vedere spettacoli troppo lontani dalla loro percezione scenica. Forse si dovrebbe provare a produrre lavori di qualità che allo stesso tempo siano più vicini alla comprensione del pubblico.

Con chi ti piacerebbe collaborare, se te ne fosse offerta la possibilità?
Se dovessi esprimere un desiderio, mi piacerebbe anche solo assistere alla creazione di un grande coreografo internazionale, qualcuno che abbia contribuito a scrivere la storia della danza, come Jiri Kyliàn o William Forsythe. Vivere la sala prove, il dietro le quinte, le riunioni organizzative, immergersi nel processo creativo, scrutare con attenzione la modalità di lavoro sia artistica che operativa.

Come vivono la danza Daniele e Olivia, i tuoi figli, dato che sia tu che il loro papà siete impegnati nel mondo della danza?
Entrambi hanno dimostrato capacità e talento nella Danza. Daniele, però, ha lasciato; malgrado sia molto portato ed abbia una presenza scenica importante con molta contezza dell’utilizzo della scena, ha deciso di praticare il basket. Olivia, invece, sta continuando a studiare moderno, contemporaneo, hip hop; lei è proprio ballerina. Sono molto contenta che abbiano studiato e studino Danza perché, al di là di una futura professione, la Danza ti conduce in una dimensione di passione, ti dà la possibilità di evadere.

La tua storia d’amore con Andreas?
La mia storia ha passato e superato momenti difficili, ora è il momento di vivere la quotidianità e la normalità, la necessità di tenere vivo un rapporto, alimentarlo; grazie al nostro lavoro abbiamo continui stimoli che affrontiamo insieme.

Diciamo che nell’immaginario collettivo tu e Andreas siete un immagine fiabesca; la differenza d’età non è stata un limite alla simpatia e all’affetto di cui i fan vi ricoprono, anzi… questa popolarità è stressante nel quotidiano?
Ci sono dimensioni differenti, nel quartiere sono abituati a vederci insieme ma anche quando viaggiamo o usciamo dalla nostra confort zone le persone sono prevalentemente rispettose; comunque non ci da fastidio se ci osservano o ci chiedono autografi, ti abitui, sai che anche questa dimensione fa parte del tuo lavoro; il pubblico è la nostra linfa e sarebbe irriguardoso mostrarsi seccati o poco disponibili; piuttosto, dovremmo preoccuparci se e quando tutto questo non ci capiterà più.

Quale messaggio vuoi lasciarci?
La Danza, le Arti in genere, per trovare linfa creativa, per essere tramandate, per lasciare un’eredità hanno bisogno di essere sostenute. Uno spettacolo di Danza deve essere supportato da luci, scene, costumi, bravi professionisti e tutto questo necessita di risorse. Se vogliamo che anche la Danza d’Autore, gli spettacoli cosiddetti “più impegnati“ siano seguiti, l’istituzione non può investire briciole in Cultura ma deve fare un cambio di passo. Non è pensabile continuare a pensare che il lavoro di un coreografo si possa realizzare sempre e solo con 3, 4 ballerini, nessuna scena, tutto molto arrangiato, perché o sei un genio e forse ce la farai ad uscire dal tuo scantinato, oppure si proseguirà a produrre sulla linea della mediocrità. E il pubblico si allontanerà sempre di più. A tutti i giovani, però, continuo a dire, non smettete mai di sognare e di studiare.
Monica Ratti