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Intervista a Nicola Marino scuola Nima Dance Group

> Concorso DanzaSi

Critica Spettacoli
Quando
Dal 05/04/2020 al 05/04/2021
Genere
Varie
Massimo Zannola



 

In questi giorni particolarmenti difficili, DanzaSi ha di deciso di raccontare il suo viaggio allo scoperta delle migliori scuole di danza private italiane che ha avuto il piacere di conoscere in tutti questi anni al Concorso DanzaSì.
Oggi siamo a Montecompatri nella zona dei Castelli Romani per incontrare Nicola Marino che con gli allievi della sua Nima Dance Group si è distinto nella passata edizione del Concorso.

 

Quando ha iniziato a studiare danza? È stata una scelta, una vocazione, un caso o cos’altro?
Avevo 17 anni. Iniziai perché mi coinvolsero alcuni amici...era un modo divertente per fare sport, socializzare e passare del tempo. In breve, divenne una grande passione che non mi ha più abbandonato.

 

Quando ha cominciato a pensare di insegnare e cosa l’ha spinta ad intraprendere questa carriera?
Non ricordo il giorno in cui ho consapevolmente scelto di iniziare a insegnare. Ricordo che spesso, nel periodo in cui facevo il danzatore professionista, mi veniva chiesto di creare coreografie per gli allievi di alcune scuole di danza. Da quel momento mi sono ritrovato ad avere degli allievi e a cominciare ad affrontare tutte le difficoltà che si incontrano nel trasmettere le proprie conoscenze ma anche l’incredibile scambio che si viene a creare tra maestro e allievo, un feeling unico che arricchisce entrambi.

 

Attualmente dove insegna? Ai suoi corsi si accede tramite selezione o sono aperti a tutti?
Attualmente insegno su Roma presso Studio Vale (ex Must Dance Studio) e Olimpo Dance School. Sono corsi aperti a tutti e senza selezione. Dal 2009 porto avanti un mio progetto personale, NiMa Dance Group , con sede a Montecompatri, dove gli allievi sono selezionati.

 

Quanto conta l’aggiornamento nel suo settore?
Dipende. Se per aggiornamento si intende la frequentazione di certi “corsi riconosciuti” o “corsi per diventare coreografo/insegnante/artista”, curati e realizzati da gente spesso sconosciuta e senza titoli, nei quali chiunque può accedere pagando per poi qualificarsi con un impegno minimo di qualche fine settimana. NO, non ci credo. Al contrario, credo che l’aggiornamento per un maestro si basi innanzitutto su un sano confronto, su una sua sincera messa in discussione, tra professionisti veri, sullo studio serio e professionale, sulla cultura della danza intesa prima di tutto nella sua valenza etica, di lavoro costante, determinazione e umiltà, sulla curiosità genuina da cui deriva una cultura ampia, interdisciplinare: si deve andare a teatro, essere aperti al nuovo, conoscere i lavori dei grandi maestri, raggiungere così una visione estetica forte, personale sì, ma sempre connessa al presente come risultanza delle esperienze sociali e culturali del passato.

 

Fra gli insegnanti di danza con cui ha studiato o nel panorama della danza, c’è qualcuno che l’ha ispirata particolarmente?
Tra i miei insegnanti sicuramente hanno contribuito a quello che sono Suzy Taylor, Max Stone, Desmond Richardson e Terry Beeman. Loro sono stati i miei mentori durante gli anni passati a NYC e sono stati per me fonte di grandissima ispirazione. Ad ispirare moltissimo il mio lavoro sono stati anche William Forsythe e Jiri Kylian.

 

Insegnante, direttore e imprenditore…Mi parli della sua realtà…
Oggi il mio lavoro segue principalmente due direzioni: la formazione, che svolgo, sia in strutture esterne, sia nel mio studio (NiMa Dance Group) con corsi aperti e programmi riservati ad allievi selezionati (che prevedono una didattica classica e l’introduzione di metodi di allenamento supplementari come Gyrotonc e True pilates); e il lavoro coreutico in cui un gruppo di giovani da me selezionati, indipendentemente dalle lezioni e il training che ciascuno segue nel suo percorso, viene preparato per affrontare concorsi e rassegne di alto profilo con coreografie personalizzate. Ho, inoltre, la direzione artistica di un centro sportivo fuori Roma e spesso sono impegnato con i miei lavori come coreografo free lance.

 

Pensa che sia indispensabile per un coreografo essere stato precedentemente un danzatore?
Direi di sì, non si può diventare coreografi senza aver mai ballato per altri. Sono due talenti diversi. Non credo sia necessario essere stato un grande danzatore per diventare un grande coreografo e viceversa. Ma è senz’altro vero che le idee e il talento, senza competenze e la giusta gavetta, non sono sufficienti a dar vita a una professionalità di spessore né a dotare i lavori proposti di forza e valore artistico.

 

Nel mondo della danza italiana molti s’improvvisano perché non c’è nulla che regolamenti l’insegnamento. Cosa ne pensa?
I titoli per un danzatore, come per un insegnante, sono quelli dati dall’esperienza, dal suo lavoro e della sua formazione. Chiunque sia competente nel settore una volta letto un curriculum, un curriculum veritiero, sa chi ha di fronte. Il problema è un altro ed è legato alla piega commerciale che ha preso il settore dell’insegnamento: il mondo dello spettacolo affascina sempre più i giovani che sempre meno sono abituati all’attesa, ai tempi lunghi della formazione. Quello che vogliono è il risultato, subito. Su questo desiderio c’è stato un proliferare di corsi professionalizzanti, come accennavo prima, più o meno strutturati, che a mio avviso lasciano il tempo che trovano. Ma la qualità costa sia in tempo che in denaro. Io più che regolamentare o riconoscere un maestro impedirei a chiunque non sia competente nel settore di aprire un centro di formazione senza una direzione artistica che possegga comprovate esperienze formative e professionali. È ovvio che questa figura non può essere ricoperta dalla ragazza di 20 anni che ha fatto un corso “professionale”. Per competente intendo chi ha avuto un percorso di studi in scuole di tradizione della durata di anni, con esperienze professionali serie e soprattutto che si possano dimostrare. Lo stesso lo applicherei ai nuovi maestri. Non serve il corso riconosciuto, serve formazione di qualità, esperienza e gavetta.

 

Pensa che sia abbastanza valorizzata l’arte del balletto nella sua città e in Italia in generale?
Purtroppo no. In linea generale le arti sceniche sono poco valorizzate. Per qualche motivo la gente non va a teatro, per niente promosso dalle scuole come percorso formativo culturale. Si dà spazio a mostre e musei, il teatro no.

 

Parliamo degli allievi. Vengono a studiare danza per hobby, per volere dei genitori, per diventare ballerini.. quale è il loro obiettivo e ha visto un cambiamento nell’approccio dei giovani? Che tipo di rapporto cerca di instaurare con loro?
Nelle realtà private c’è un po’ di tutto: chi lo fa perché spinto da una passione, chi perché coinvolto dagli amici e chi perché è comodo ai genitori. La difficoltà è proprio questa, lavorare bene nonostante gli obiettivi dei “clienti” siano diversi. Io onestamente faccio delle distinzioni tra chi ha talento ed è disposto a investire tempo e risorse e chi viene tanto per sfogarsi e divertirsi. Nel primo caso, obbligo i ragazzi ad essere sempre presenti a lezione, a studiare sempre il classico, ad essere sempre presenti alle prove. In sintesi a sopportarmi tutti i giorni, dal lunedì al sabato, tutto il pomeriggio; e non esistono feste, uscite, gite e simili, estate compresa. Come d’altronde succede a chiunque decida di praticare uno sport a livello agonistico. Nel secondo caso niente obblighi, si fa quel che si può, cercando comunque di fare il massimo con il massimo delle risorse disponibili affinché il lavoro svolto porti comunque a dei risultati e soprattutto non danneggi l’allievo. Con i miei ragazzi cerco di instaurare un rapporto di complicità in cui si sentano liberi di esprimersi al meglio, senza pregiudizi o paure. Il nostro ruolo è fondamentale in questa fase di crescita perché siamo quella figura di riferimento ibrida che sta tra un genitore e un amico.

 

La danza è una disciplina in cui è richiesta serietà e rigore. Quanto sono importanti le doti fisiche e quanto la “testa” in un danzatore?
Sono due requisiti che per me hanno la stessa importanza. Prima di tutto, le doti fisiche, che sono un requisito fondamentale purtroppo non ho mai visto salire sul podio dei concorsi importanti, o ottenere contratti di lavoro di prestigio, persone che non avessero determinate qualità legate alla loro struttura corporea. Lo studio sicuramente corregge difetti e aiuta ma alla base devono esserci dei requisiti fisici. C’è poi quella che posso chiamare “la testa” che per me ha la stessa importanza: senza impegno, dedizione e sacrificio non si ottiene nulla. Nessuno nasce “imparato” e ho visto tanti talenti non ottenere nulla dalle proprie possibilità per mancanza di impegno.

 

Ogni insegnante nel suo genere ha una grossa responsabilità sui propri allievi. Lei che insegnante è?
La mia priorità è quella di non danneggiare fisicamente e psicologicamente i miei allievi, sia che danzino per puro divertimento, sia che lo facciano inseguendo obiettivi più seri. Quindi, impronto la mia didattica sulla massima onestà sin dal primo giorno, cercando di indirizzarli subito nel giusto percorso partendo dalle loro possibilità reali.

 

Quali sono, secondo lei, le caratteristiche umane che un buon insegnante di danza dovrebbe possedere?
Pazienza, competenze e dedizione.

 

La cura del corpo in un danzatore è fondamentale, come si può fare affinchè l’allievo non si senta sotto pressione per via della forma fisica?
Bisogna fargli capire che la cura del corpo conta tanto quanto le ore spese in sala. Prima di tutto bisogna farlo capire ai genitori. Se un allievo ha problemi a mantenere una certa linea la cosa più sbagliata che si può fare è umiliarlo o ricordarglielo ogni cinque minuti: si rischia di creare seri problemi di salute. Laddove il problema sia legato a un’alimentazione scorretta, io consiglio sempre un percorso con un bravo nutrizionista, non ho le competenze per dare consigli alimentari. Dove invece il problema è di struttura e costituzione, su quello si può fare poco. Nessuna dieta, digiuno o pratica assurda può sconvolgere la genetica. In questo caso consiglio un percorso amatoriale, anche andando contro i miei interessi e i desideri e le aspettative dell’allievo. Preferisco di gran lunga essere la causa di una delusione piuttosto che di importanti problemi fisici e psicologici.

 

In che modo è cambiato il panorama della danza da quando ha iniziato ad insegnare ad oggi.
Vedo una piccola luce all’orizzonte. Noto che si sta pian piano rialzando l’asticella verso una formazione più adeguata. Abbiamo passato un periodo dove sembrava che lo studio della tecnica fosse fuori moda e non necessario. Come se bastasse solo muoversi bene e avere dinamiche accattivanti. Oggi, quando mi affaccio ai concorsi, noto che si è alzato parecchio il livello dei più giovani. Purtroppo non posso ancora dire lo stesso sulle nuove produzioni.

 

Quale consiglio darebbe ai giovani per non sbagliare scuola e seguire un percorso corretto, senza bruciare le tappe?
Consiglio una scuola di danza con uno staff preparato e con una direzione dietro che stabilisca il percorso per l’allievo, e non l’allievo/genitore che sceglie la lezione o il maestro da seguire. Occorre seguire un programma didattico fatto di tappe imprescindibili, anche se il corso consigliato non é tra i più divertenti. L’approccio alla lezione di danza non può essere lo stesso che si ha per una lezione di fitness: é un’arte molto complessa che richiede anni di studio prima che possa essere divertente e gratificante.

 

Le rassegne e i concorsi sono un momento competitivo sia per le scuole che partecipano sia per gli allievi. Come vive questi momenti? Crede nella sana competizione? Qual è la loro importanza per la carriera di un giovane ballerino?
Credo che la danza, prima di essere competizione, sia arte e spettacolo. Il lavoro che si presenta in un concorso, per motivi tecnici, non è lo stesso lavoro che si presenterebbe in uno spettacolo professionale. Non è detto che il vincitore di un concorso sia necessariamente di livello artistico superiore a chi non vince. Premesso questo, per me il concorso è un modo di confrontarmi con i colleghi di cui ho stima, e per i ragazzi è uno stimolo utile ad imparare da chi è superiore, a mettere in pratica tutto ciò che in sala non si può imparare, ad accettare le sconfitte, delusioni e a volte anche ingiustizie. Ma anche una gratificazione e soddisfazione a seguito di tanto lavoro e sacrifici. In ogni caso un’esperienza positiva, quindi decisamente una gavetta utile a quella che potrebbe diventare una professione.

 

Ha avuto molti riconoscimenti nel suo percorso. La soddisfazione più grande? Cosa si prova a vedere un proprio allievo diventare professionista?
La mia soddisfazione più grande non è legata a un titolo ottenuto. Certo, quando mi viene dato un riconoscimento sono molto felice. Vedere allievi preparati da me essere ammessi in scuole importanti come il Teatro dell’Opera, l’Accademia Nazionale di Danza o prestigiosi centri di formazione all’estero, oppure una volta formati, ottenere contratti di lavoro importanti, mi gratifica più di ogni altra cosa.

 

Andiamo sulla sua vita privata. Come concilia la vita privata con il lavoro?
Non ho figli, ho una relazione stabile che riesco, nonostante gli impegni, a portare avanti con serenità. Non è facile perché il tempo libero è veramente poco, il mio lavoro occupa le mie giornate dalla mattina alla sera, dal lunedì al sabato e a volte anche la domenica. Nonostante la stanchezza fisica cerco comunque di trovare un po’ di tempo per svagarmi con i miei amici, familiari e il mio compagno. Quando posso parto per visitare altre città e staccare un po’ la spina. Ho la grande fortuna di essere capito da chi mi sta vicino e non farmi pesare la mia scarsa disponibilità di tempo.

 

Cosa consiglierebbe ad un allievo che voglia intraprendere la carriera di ballerino?
Di armarsi di tanta pazienza e forza di volontà. È un percorso difficile e pieno di ostacoli ma basta una soddisfazione per ripagare tutte le delusioni. Consiglio di provare solo fino a quando c’è un riscontro concreto. Se passa troppo tempo e nulla accade, valuterei altre scelte, anche se è doloroso. Il tempo è un bene prezioso che non va sprecato. Si può anche ballare tutta la vita senza essere dei professionisti del settore.

 

Ha progetti futuri? Quali?
Sicuramente continuare quello che ho iniziato e porto avanti da più di dieci anni, magari perfezionando alcuni aspetti. Mi piacerebbe in questo momento della mia vita iniziare a produrre i miei lavori in veste professionale.

 

La danza per lei è….
È lo strumento di comunicazione più potente che ho. Il mio modo di mandare un messaggio, di esprimere un’emozione e di farmi capire. Dietro ogni mio lavoro c’è sempre qualcosa che voglio dire o comunicare che a volte le parole non riescono a esprimere. La mia danza rappresenta la mia essenza più sincera, spogliata di ogni inibizione e formalità, in tutte le sue imperfezioni e in tutti i suoi splendori.


 Massimo Zannola

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