Login   |   Registrati
Indietro

theKITCHENtheory

> Odori, Colori e Suoni dei Ricordi

Critica Spettacoli
Luogo
Carrozzerie n.o.t. di Roma
Via Panfilo Castaldi 28/A
Roma (RM)
Quando
10/03/2017
Compagnia
DaCru
Genere
Hip Hop
Alessandra Ruggeri



________theKITCHENtheory

ODORI, COLORI E SUONI DEI RICORDI

di Alessandra Ruggeri

Calda luce soffusa, sulla sinistra un tavolo anni ’60 in formica verde menta, sei sedie disposte intorno, sei danzatori vestiti di nero, una cucina, ‘la’ cucina. In un’ atmosfera chiara ed essenziale ha inizio ‘theKITCHENtheory’, ultima produzione della compagnia ‘DaCru’, dei coreografi Marisa Ragazzo (di cui il concept e la regia) e Omid Ighanì (anche danzatore della compagnia insieme a Samar Khorwash, Alessandro Marconcini, Serena Stefani, Claudia Taloni, Tiziano Vecchi), in scena in prima nazionale venerdì 10 Marzo alle Carrozzerie n.o.t. di Roma; spettacolo creato con il sostegno della Compagnia Naturalis Labor, del Centro Danza Canal/Teatros del Canal Madrid e in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid. La cucina è il luogo in cui ognuno ha trascorso, trascorre e trascorrerà gran parte delle proprie giornate, emblema della vita che scorre, spazio di condivisione delle più svariate emozioni, è proprio qui che i ricordi prendono forma: discussioni sorde, liti furiose, segrete confessioni e fedeli incontri, poi ancora risate sincere e familiari, goffi incidenti, incomprensioni irresolubili. Se queste pareti avessero voce per parlare quante storie potrebbero raccontare? Attraverso un linguaggio quotidiano e immediato i coreografi riescono a dar voce a tutte queste memorie servendosi di una raffinata tecnica urban, che rielabora coerentemente vari stili quali Hip Hop, House, Jazz Rock, contaminati con la Danza Contemporanea e riadattati a una ricerca musicale eclettica e sofisticata; creano così una gestualità virtuosa e profondamente innovativa in cui la dimensione metropolitana, modellandosi, incontra quella teatrale rivoluzionandola. Il movimento dei ballerini, tanto più reale quanto più comunicativo, coinvolge e insieme sconvolge il pubblico che fin da subito ha modo di entrare nell’intimità della scena e godere in prima persona della rappresentazione evocativa. La coreografa non vuole raccontare una storia ma le molteplici storie di vita che ci accomunano, lì cristallizzate, immutabili, suggellate tra le pareti di quella stanza. Un quadro centrale dello spettacolo, di forte impatto emotivo, sintetizza questo concetto: una delle danzatrici, dopo aver indossato un’ampia gonna bianca ondulata e avvolgente come il mare increspato, si muove fluida e sinuosa mentre, intorno a lei, i danzatori utilizzano movimenti più rigidi e spezzati, forti e rapidi; sembra che ognuno di loro abbia un bisogno intrinseco di urlare la propria verità, le memorie personali che li tormentano. Improvvisamente i loro corpi si bloccano, come rocce salde e irremovibili ,mentre il loro sguardo fisso al pubblico, penetrante e inquieto, è perso nell’emozione di quel ricordo personale, tradito appena dai loro occhi lucidi, colmi di immagini e parole mai dette. Intanto la figura centrale in bianco continua con gesti sempre più veloci e frenetici: è lei la proiezione dei loro pensieri, è lei stessa il Ricordo. Ricordi incisi su fogli di carta che successivamente i danzatori tirano fuori dalla tasca e, accartocciati, serrano tra i denti; finché uno di loro, liberata la bocca dal foglio, inizia a parlare al pubblico e dopo di lui, in lingue diverse, anche gli altri si alternano e raccontano la propria storia mentre danzano, fino al momento in cui tutte le voci si accavallano. In questo caos di sensazioni le parole scorrono come un flusso imponente che travolge per poi scivolare via senza lasciare traccia e riprendere di nuovo incessante; parole piene di significato ma allo stesso tempo vuote se dall'altra parte non c'è qualcuno disposto davvero ad ascoltarle o se, chi le pronuncia, non ha la capacitá di farsi capire. Energie che si disperdono. Incomunicabilità.

L'atmosfera poi si colora all'improvviso di un tono più lieve e ironico che, spezzando la tensione sempre più crescente, proietta danzatori e spettatori in una dimensione a sé in cui il tempo si annulla per lasciare spazio al piacere e alla spensieratezza: scherzi, risate e balli stravaganti riempiono questa scena grottesca. Stessi personaggi di prima, stessa stanza eppure tante memorie cosí contrastanti tra di loro.
Conclusa questa parentesi dionisiaca, tutto ritorna alla normalitá, una realtà pervasa da una familiare melanconia che i ballerini scandiscono con pause, lunghi silenzi e intimi sospiri nei quali l'osservatore non può che immedesimarsi. Catarsi ancora più accentuata dalla particolarità della location, un’ex-carrozzeria ristrutturata e adibita a spazio di condivisione culturale, molto minimale e raccolta, che ponendo i performers sullo stesso livello del pubblico e a pochi centimetri di distanza annulla qualsiasi distacco tra i primi e i secondi: i respiri e le pause dei danzatori si mescolano con quelli degli osservatori in un’unica energia vibrante.
Con estrema naturalezza e armonia la coreografa sfrutta i due pilastri presenti nella sala integrandoli coerentemente con gli altri elementi di scena, quasi fossero architetture portanti di questa cucina in cui tutto avviene, tutto cambia, tutto si distrugge per poi ricostruirsi. Il lavoro coreografico, apparentemente incorniciato dalle colonne piuttosto che dalle quinte di un teatro, va oltre lo spazio scenico consuetudinariamente inteso, per svilupparsi, con sorpresa e fascino di chi osserva, al di là di quei confini. All’estremità del lato sinistro dello spazio performativo, un faro illumina un divano su cui siede uno dei danzatori immobile ad osservare dall’esterno, come fosse fuori dal tempo, gli altri personaggi persi ognuno nelle proprie dinamiche e frenesie quotidiane, accanto a lui un giradischi, una macchina da scrivere, dei fogli e del pane; nulla al caso. Anche la parete del fondale acquista un valore a sé in quanto, più che limitare l’azione dei ballerini, diventa ulteriore superficie con cui interagire e su cui ora correre, ora scivolare, ora sfogarsi, ora trovare conforto. Così non solo la quarta parete del teatro ma anche tutte le altre vengono annullate in favore di un’opera che va oltre i limiti spazio-temporali per far fluttuare insieme danzatori e pubblico in una dimensione artistico-metafisica dove coesistono emozioni e ricordi.


Foto di Emilio Tenorio




_

Altre critiche incrociate:

La danza visionaria e 'ancorata' di The Red Shoes

La danza visionaria e 'ancorata' di The Red Shoes

In Ascoltami l'altra danza di Virgilio Sieni

In Ascoltami l'altra danza di Virgilio Sieni

Dots - La nuova creazione di Ricky Bonavita

Dots - La nuova creazione di Ricky Bonavita

Saranno Famosi - Fame Il Musical regia di Luciano Cannito

Saranno Famosi - Fame Il Musical regia di Luciano Cannito