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Yannick Boquin

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12/01/2021
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Ritengo che non ci sia niente di dovuto nella vita. Ogni mio risultato è stato conquistato e di questo vado orgoglioso; tuttavia ritengo di essere stato anche fortunato, perché gli anni che ho potuto vivere professionalmente sono stati i più floridi e produttivi per la danza”.

Così esordisce Yannick Boquin, oggi uno dei maître de ballet maggiormente richiesti nelle compagnie professionali più prestigiose del mondo. Da l’ Opéra di Parigi, al Nederlands Dans Theatre Semperoper di Dresda, allo Houston Ballet - Béjart Ballet Lausanne, dal Tokyo Ballet a  Les Ballets de Monte-Carlo. Questi alcuni esempi, ma moltissime altre sono le compagnie che ambirebbero alla presenza di questo grande maestro che non disdegna neanche la docenza. Lo troviamo infatti ad insegnare in molte scuole, fra cui il Royal Conservatoire of The Hague e la Houston Ballet School.

 

Lo incontro a Catania mentre impartisce lezioni nella scuola diretta da Piero Ferlito e Maki Nishida. Un gioiello di scuola, non solo per essere un punto di riferimento per i ragazzi siciliani che intendono studiare  per una  preparazione all’ avviamento professionale, ma anche per la struttura dal sapore mitteleuropeo che spicca nel paesaggio del quartiere San Giorgio di Catania.

È un caldo sabato di agosto e le classi sono al massimo della capienza consentita dalle normative attuate per il Covid. Gli studenti sono giunti da ogni parte d’Italia per studiare con il maestro Yannick (occasione rara, quasi irripetibile).  A lezione anche il figlio di Maki e Piero, Riccardo Ferlito oggi allo Stuttgart Ballet, un meraviglioso, bellissimo  danzatore. Per tutti i ragazzi che stanno prendendo lezione Riccardo è un modello e un ulteriore stimolo.

 

Maestro, quando la decisione di impartire  lezioni anche nelle scuole private, essendo  molto impegnato con classi nelle compagnie più importanti del mondo?

Vorrei precisare subito che io non vado ovunque. Quando accetto di spostarmi per insegnare in una scuola privata, è perché la reputo al “top”. Il senso è portare un valore aggiunto. Non devo preoccuparmi di spiegare come un allievo deve presentarsi e stare in sala; non devo occuparmi di illustrare un passo, ma come eseguirlo al meglio; come “interpretare ed eseguire un’intenzione”, un giro, un salto, una batteria. Mi piace donare qualcosa alle nuove generazioni. Accetto di andare dove ritengo ci siano  direttori e maestri disposti a mettersi in continua discussione.

 

Mi hanno raccontato che lei è nato per insegnare.

La mia prima vocazione è stata danzare anzi, a dire il vero, i miei genitori hanno deciso per me. Ho impiegato un po’ ad appassionarmi  alla danza, ma una volta entrato alla scuola dell’Opéra de Paris, non ho avuto più dubbi: ho amato la danza e ho ballato, prima di tutto, per me. Dopo i 30 anni però, sul fisico di un ballerino che ha sostenuto molte sollecitazioni, arrivano i primi infortuni. Ai miei tempi purtroppo eravamo lasciati  completamente soli.

Ho criticato molto il lavoro che i maître facevano su di noi per ottenere il massimo della prestazione tecnica e questo mi ha indotto a riflettere sulla possibilità  di utilizzare meglio il corpo.

Così ho iniziato con 8 amici della compagnia, chiedendo loro di farmi da cavia, analizzando il lavoro, accettando suggerimenti, critiche ed errori.

È grazie a Raffaella Renzi e Christophe Ferrari, che mi hanno permesso di dare lezione nella loro scuola di Berlino, che ho iniziato il mio percorso di insegnante. Davo lezioni anche ai ballerini durante il nostro giorno libero. I colleghi si sono resi disponibili ed è iniziato il passaparola.

 

I colleghi quindi sono stati i suoi maggiori sostenitori in questo nuovo percorso nella danza?

I miei colleghi/amici sono stati coloro che mi hanno consentito di mettere a punto una metodologia adeguata, approvando o criticando  il mio lavoro. Sono coloro che hanno dato autorevolezza al mio operato, apprezzando le mie capacità di docente e, soprattutto, l’ umiltà con cui mi sono sempre posto nei loro confronti.

Il suo percorso di docente da cosa è stato caratterizzato?

Dalla Fortuna.  Spesso nella vita non bastano la bravura e l’onestà,  ma occorre anche un po’ di fortuna: io l’ho avuta. Prima di tutto erano gli anni del boom economico; non c’era la crisi e molte compagnie cercavano nuovi maître. Ovunque era grande la necessità di nuovi professionisti.

 

Cosa pensa degli studenti di danza di oggi?

Penso che abbiano una tecnica incredibile. Sono molto più puliti, virtuosi, molto curati, insomma ballerini straordinari.

Purtroppo spesso mancano di artisticità. Per fare un esempio: per il ruolo del Principe in “Giselle”, non è tanto importante il doppio cabriole, ma il viso che chiede aiuto. Un tempo, una produzione restava in scena molto a lungo e si curavano i dettagli. Oggi si corre e non abbiamo la possibilità di occuparci troppo dei particolari.

Nei  cartelloni  appaiono  programmi con stili troppo differenti. Si passa da Giselle a Balanchine a Forsythe, magari alternando le proposte nell’arco di 10 giorni. Allora è ovvia la mancanza di cura nelle minuzie: non c’è tempo per occuparsene!

Gli studenti di oggi sono costretti a  correre, come i tempi che li contraddistinguono. Il virtuosismo diventa allora la prima necessità che, nel tempo, può rivelarsi una debolezza.

La danza necessita di pazienza, dedizione e, per eccellere, di dettagli.

Cosa pensa delle scuole di danza e come vede la danza oggi?

In generale vedo molto critica la situazione della danza oggi. Diciamo proprio che la vedo male. Per quello che riguarda le scuole di danza, ho una visione di formazione professionale che ritengo non abbiano in molte scuole. Poche sono quelle dove avviene un reale insegnamento. Per mia natura sono molto critico e questa, ovviamente, è solo la mia personale opinione.  Come già ho detto non vado ad insegnare ovunque:  sono piuttosto selettivo.

Quello che percepisco oggi è una insana competizione tra danza classica e danza moderna/contemporanea; una lotta a chi acquisisce più potere, a chi ha la possibilità di avere maggiore spazio e  visibilità. A questo proposito ritengo che la danza moderna abbia ottenuto maggiore considerazione, soprattutto politica, rispetto alla classica. Non trovo sana questa “sfida” tra discipline, che dovrebbero essere salvaguardate e sostenute senza competere tra loro.

 

La vedremo quale maître in un nostro ente lirico?

Non credo proprio. In Italia, negli ultimi anni, vi è una mancanza di dignità nei confronti delle figure professionali artistiche. La carenza di lavoro consente spesso ai dirigenti di sottoporre i lavoratori ad una sorta di ricatto, proponendo condizioni economiche veramente umilianti. La dismissione dei corpi di ballo, le paghe dei danzatori e dei maître, non sono per nulla rispondenti ai sacrifici attuati nella vita per prepararsi a queste professioni. Dal momento che, fortunatamente, posso non cedere a queste proposte, non volute certo dai direttori dei corpi di ballo, ma da coloro che amministrano,  ho potuto dire di no e declinare gli inviti. 

È un principio di dignità e salvaguardia della professionalità cui tengo molto.

 

Per concludere, quali i consigli per i ragazzi che vogliono studiare danza per diventare ballerini?

Innanzitutto scegliere una scuola di danza con insegnanti qualificati ad un avviamento professionale. Farsi quindi consigliare da persone adeguate.

Tanto lavoro, pazienza, umiltà  e la capacità di essere critici con se stessi. Fisico adeguato, soprattutto per una carriera classica. Non stancarsi mai di osservare, rubando con gli occhi ogni minimo dettaglio. Ascoltare, essere curiosi, appropriandosi di  qualsiasi cosa tocchi le corde della propria artisticità.

 

Monica Ratti